Cultura e Scuola  
Home Siti Consigliati Pubblicazioni Servizi

 

Le altre Iliadi

Oltre al racconto insuperabile di Omero, altri testi di straordinario interesse hanno descritto la vicenda di Troia

 

Omero

e l'impius Aeneas

 

Francesco Chiappinelli

 

 1. “Omero” e l’impius Aeneas

      Omero ci presenta Enea sempre sotto una luce favorevole. Egli è il figlio di Anchise ed Afrodite, e il suo concepimento è ricordato nel famoso inno intitolato alla dea: Anchise è intento al pascolo sul monte Ida quando gli si presenta una fanciulla bellissima, che dice di essere figlia del re Otreo e con lei egli si unisce in amore. Alla fine dell’incontro, Afrodite rivela la sua vera identità, ordinandogli di non rivelarla a nessuno: ma Anchise, in un momento di ubriachezza, lo farà vantandosene, e incorrerà nell’ira della dea che lo renderà cieco. Chi crederebbe mai ad un cieco che dica di essersi congiunto ad una dea?

    Quando scoppierà il conflitto di Troia, Afrodite avrà più di una ragione per sostenere la città contro gli Achei: deve mantenere la promessa fatta a Paride per il giudizio della mela, ma ha anche una famiglia tutta sua, lì a Troia. Già, una famiglia tutta sua: più di una volta ella interviene a difesa di Enea e per questo viene anche ferita da Diomede. E, pur se Omero lo accenna appena, l’arrogante Priamo, come suo padre Laomedonte, non merita più di governare Troia. Il vero, recondito intento di Afrodite e di Zeus, quindi, è detronizzarlo e dare il regno ad Anchise ed Enea che peraltro sono signori di Dardania e formalmente alleati dei Troiani. In più di un passaggio Omero parla di una sorda ostilità tra le famiglie di Priamo e di Anchise, non sanata neppure dal matrimonio di Enea con Creusa, figlia di Priamo ed Ecuba: il re rifiutava onori e bottino all’eroe, che combatteva valorosamente nonostante tutto in difesa della città. Ne troviamo conferma nel canto ventesimo dell’Iliade [1]: dopo la morte di Patroclo Achille, bramoso di vendetta, ha ripreso il suo posto a fianco degli Achei, con le nuove armi forgiate per lui da Efesto. Il solo Enea fra i Troiani ha il coraggio di affrontarlo, e Achille lo provoca con queste parole:

   ”Enea, perché avanzando di tanto fuori dalla folla, ti pòsti? Forse il cuore ti spinge a duellare con me sperando che regnerai sui Teucri dominatori di cavalli invece di Priamo? Ma se tu m’uccidessi, non certo per questo Priamo ti porrà in mano l’onore: ha figli, ed è saldo di mente, non pazzo.”.

   Enea risponde sdegnoso che non è il momento di perdersi in chiacchiere e comunque riepiloga orgogliosamente la sua genealogia, che discende da Zeus: il figlio Dardano è il progenitore di Anchise, e nelle sue vene scorre sangue due volte divino perché madre sua è Afrodite. Ma gli dèi sanno che ciò non gli basterebbe a sconfiggere Achille: e sono due tra i più ostili a Troia, Poseidone ed Era, a voler comunque salvare Enea dalla morte. Dice infatti Poseidone:

   ”Ohimé, io ho dolore per il magnanimo Enea, che presto, abbattuto dal Pelide, scenderà all’Ade…e perché ora costui soffrirà danno, incolpevole, invano, per le pene degli altri? Eppure sempre graditi doni offre agli dèi che vivono nel vasto cielo. Ma sù, noi stessi allontaniamo la morte da lui, che non si adiri il Cronide, se Achille uccidesse costui: destino è per lui di salvarsi, perché non isterilita, non cancellata perisca la stirpe di Dardano, che il Cronide amò sopra tutti i suoi figli, quanti gli nacquero da donne mortali. Già il Cronide ha preso ad odiare la stirpe di Priamo, ora la forza d’Enea regnerà sui Troiani e i figli dei figli e quelli che dopo verranno” [2].

   Omero intende certamente riferirsi a Troia, ma per una sorta di profezia ex eventu i suoi versi sarebbero stati poi riferiti a Roma e al suo impero…

   Sono parole molto simili a quelle che Afrodite pronuncia dopo essersi rivelata all’impaurito Anchise: “Tu avrai un figlio che regnerà sui Troiani e dai suoi figli nasceranno senza fine altri figli…e sempre i nati dalla vostra stirpe saranno simili agli dèi per la maestà dell’aspetto, più di ogni altro fra gli uomini mortali” [3].

   Queste parole di Omero, c’è da crederlo, saranno risonate spesso sulle labbra di Cesare ed Ottaviano, a rinforzare la propaganda ufficiale del loro regime e a gloria della gens Iulia!

 Non sappiamo quando su Enea prese ad addensarsi l’altra nube che è oggetto della nostra ricerca. L’unica ipotesi che si possa avanzare, ma non dimostrare, è che nei poemi del ciclo troiano, di cui ci sono pervenuti solo magri brandelli, si facesse cenno alla infamante sua condotta e che ne ritornasse parola nella lirica corale di Stesicoro e Ibico, che certamente si occuparono della distruzione di Troia. I frammenti pervenutici e la Tabula Iliaca (una tavoletta marmorea del I sec. a.C. ritrovata sul Campidoglio e ritraente numerosi momenti del conflitto tra cui Enea in fuga da Troia, con la scritta”secondo Stesicoro”) non ci autorizzano a deduzioni certe, ma sicuramente dànno degli eventi troiani relativi ad Enea un resoconto diverso rispetto a quello virgiliano. Ci limitiamo qui a sottolineare che per Proclo [4] Enea avrebbe lasciato con i suoi la città prima della notte fatale, subito dopo la drammatica fine di Laocoonte; mentre alcuni scolii all’Alessandra di Licofrone, il poeta tragico di età ellenistica, riferiscono che l’eroe, assegnato con Andromaca a Neottolemo, il sanguinario figlio di Achille, ne sarebbe stato in seguito liberato e avrebbe fondato alcune città. Per Licofrone quindi, come per Virgilio, l’eroe avrebbe partecipato fino all’ultimo alla guerra. Ma perché mai sarebbe stato liberato e avrebbe comunque goduto di un trattamento così benevolo? E perché mai (i filologi di professione lo respingerebbero come argumentum ex silentio) anche Virgilio riferisce di un lungo e relativamente tranquillo soggiorno dell’eroe sull’Ida prima della partenza verso la nuova, ignota patria? Queste domande sono destinate a rimanere senza risposta, ma non escluderei potessero essere all’origine della versione del tradimento.

 [1] Omero, Iliade, XX 292-308. La traduzione qui e di seguito adottata è quella giustamente famosa di Rosa Calzecchi Onesti, per i tipi dell’ Einaudi. 2 Omero, Iliade, XX 177-82. 3 [Omero], Inno ad Afrodite, 196-201. La traduzione adottata è quella di Filippo Cassola, nella collana Lorenzo Valla della Mondadori. 4 Dei passi del ciclo omerico relativi ad Enea diamo qui in calce la traduzione completa.

Il Ciclo omerico: passi relativi ad Enea 

Proclo, Crestomazia, I: La distruzione di Troia

   "Seguono a questi i due libri della Ilioupersis di Arctino di Mileto, che contengono questi eventi. I Troiani, considerando con sospetto la storia del cavallo, standogli attorno deliberano cosa bisogna fare; e agli uni sembra opportuno buttarlo in un burrone, ad altri incendiarlo, mentre gli altri dicevano che era sacro e che bisognava offrirlo ad Atena. E alla fine prevale l’opinione di questi. Volgendosi dunque a letizia, banchettano, come liberi dalla guerra. Ma proprio a questo punto due dragoni appaiono e uccidono Laocoonte e uno dei due figli; e traendo cattivi auspici dal prodigio quelli del seguito di Enea se ne andarono sull’Ida…”.

Scholia ad Lycophronis Alexandram, 1232:

   “Ma poi, mentre Troia veniva saccheggiata, lo stesso Enea, liberato dai Greci o portato via come prigioniero da Neottolemo, come dice l’autore della "Piccola Iliade", e liberato dopo l’uccisione a Delfi di Neottolemo da parte di Oreste, si stanzia in un primo momento nelle città macedoniche intorno a Raicelo e Almonia che si trovano vicino al monte Cissio, e perciò Raicelo venne chiamata Eno”.

Scholia ad Lycophronis Alexandram, 1268:

   “Ma Lesche, l’autore della "Piccola Iliade", dice che Andromaca ed Enea furono dati come prigionieri di guerra al figlio di Achille Neottolemo e che fu portato via con lui in Farsaglia, la patria di Achille. Dice così: ”Allora lo splendido figlio di Achille magnanimo / conduceva alle concave navi la moglie di Ettore. / E prendendo il bambino dal grembo della nutrice ricciuta/lo gettò reggendolo per un piede dalla torre, e lui caduto / prese la morte sanguigna e il fato invincibile. / E prese Andromaca, la consorte dalla bella cintura / di Ettore, che proprio a lui i principi degli Achei / diedero da avere come dono amabile per un uomo, / e lo stesso illustre figlio d’Anchise domatore di cavalli, / Enea, egli fece salire sulle navi che varcano il mare / da portar via tra tutti i Danai come dono al di fuori di altri”.

Ciprie, in Paus. X 26,1:

   “Quanto a Creusa, dicono che la madre degli dèi e Afrodite la scamparono dalla schiavitù dei Greci, poiché Creusa era anche moglie di Enea; ma Lesche e le Ciprie dànno come moglie ad Enea Euridice”. 

 

 

 

Copyright  ©2008-2009 - Cultura e Scuola - info@culturaescuola.it