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Le Altre Iliadi

Oltre al racconto insuperabile di Omero, altri testi di straordinario interesse hanno descritto la vicenda di Troia 

 

Francesco Chiappinelli

SENECA e l'impius Aeneas

 

Nell’età di Nerone la storia di Enea traditore ha nuovi, imprevedibili sviluppi.    Ce ne dà un segno Seneca. Quando era stato confinato in Corsica da Claudio, ma in realtà per le macchinazioni di Messalina, il filosofo con una consolatio cercò di rasserenare sua madre Elvia: per inciso ricorda altri famosi esiliati, e tra essi Antenore ed Enea, con queste parole:

 

   “Che serve elencare Antenore fondatore di Padova e Evandro che pone il regno degli Arcadi sulla riva del Tevere? E Diomede ed altri, vinti e vincitori insieme, che la guerra di Troia disperse per terre altrui? L’impero romano ricorda esule addirittura il suo fondatore, che fato e timore del nemico portarono in Italia profugo dalla patria espugnata, che si trascinava dietro poche reliquie alla ricerca di terre lontane”.

 

 Ma nel de beneficiis, composto probabilmente nei difficili momenti successivi all’assassinio di Agrippina, al capitolo VI 36 egli scrive (1): “ Chi chiamerà pio Enea, se per strappare alla cattività il padre ha voluto che fosse espugnata la sua patria?”. E’ una ipotesi volutamente assurda: Seneca vuol farci capire che il nobile intento di sottrarre il padre alla schiavitù non può aver indotto il pio Enea all’ingiustificabile tradimento della patria. I due passi dimostrano evidentemente che il filosofo precettore di Nerone conosceva la versione dell’impius Aeneas, ma che la respinge considerandola infondata.

 

(1) Ecco i due passi nel testo originale: Ad Helviam matrem 7: “Quid interest enumerare Antenorem Pataui conditorem et Euandrum in ripa Tiberis regna Arcadum conlocantem? Quid Diomeden aliosque quos Troianum bellum uictos simul uictoresque per alienas terras dissipauit? Romanum imperium nempe auctorem exulem respicit, quem profugum capta patria, exiguas reliquias trahentem, necessitas et uictoris metus longinqua quaerentem in Italiam detulit”; e de beneficiis VI 36: “Quis pium dicet Aenean, si patriam capi voluerit, ut captivitati patrem eripiat?”

 

 

 

 

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