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Dialetti e Tradizioni

 

 

 

 LUIGI CHIAPPINELLI

 

STANZIAMENTI DI POPOLAZIONI

E NOMI DI LUOGO DEL BENEVENTANO

 

Alla memoria di mio Padre

 

Manca ancora oggi un’opera che abbracci complessivamente e particolareggiatamente il volto toponomastico della Campania. Il susseguirsi di varie popolazioni ha arricchito la nostra regione di filoni linguistici diversi che, accanto alle innovazioni nel lessico, hanno portato con sé anche nuove denominazioni di nomi locali.

    I toponimi del Beneventano che intendo qui passare in rassegna, inserendoli in una prospettiva diacronica e fornendone una spiegazione etimologica, o richiamandola, se già data in modo valido, sono rappresentati soprattutto da elementi geografici minori e perciò meno noti, ma interessanti ed indicativi, non meno di quelli maggiori, ai fini di una caratterizzazione della facies toponomastica della zona. Sono un primo, incompleto repertorio di nomi di campagne, colline, monti, boschi, frazioni e piccoli agglomerati, torrenti, canali (a cui si potrebbe dare il nome complessivo di coronimi) e, in misura minore e più saltuaria, di nomi di centri abitati (poleonimi)[1], costituenti comune, contraddistinti con il carattere corsivo.

    È appena il caso di richiamare brevemente qualche nozione storica di carattere assai generale: nella regione campana, prima della discesa dei Sanniti, erano stanziati altri Indoeuropei: Opici (in latino Osci) ed Ausoni. I reperti archeologici e l’analisi dei nomi di luogo confermano che la regione era abitata anche in epoche anteriori[2].

    I Samnites, come è noto erano un insieme di tribù italiche (Carecini, Pentri, Caudini, Hirpini), stanziatesi nel V sec. nel Samnium (osco Safinim): tra i loro centri principali la stessa Maluentum, nome mutato superstiziosamente in Beneventum, quasi Bonus Eventus, dopo la vittoria riportata da essi su Pirro (275 a. C.). La base del nome antico è stata indicata nel nome di origine prelatina malva, “malua” (Alessio), o, richiamando l’omofonia con l’oronimo illirico Maluntum, nella base ricostruita *mal – ‘colle, altura’ (Devoto), ipotesi quest’ultima che può trovare sostegno nel fatto che la città ‘sorge su una collina interfluviale alla confluenza del Calore col Sabato’ (Ruocco, op. cit.).

Nella letteratura specialistica si fanno risalire al fondo linguistico più antico, prelatino o mediterraneo, (sostrato), accanto ad alcuni dei nomi di città principali dei Sanniti come Maleventum; Murgantia: *morga ‘fascia, zona’ e, in senso geografico, ‘zona, paese, regione’; Taurasia: *tauro – ‘monte’, oronimi come il nome del massiccio montuoso del Taburno (Taburnus, Verg. Georg. 2.38) – sul quale erano insediati i Caudini – da un * taba/teba ‘collina’, all’origine del latino teba ‘collina’, cui corrisponde la forma osca tifa, il sabino tifata ‘lecceto’ (ricordiamo, in Campania, il M. Tifata [Tifata] m. 604 presso S. Angelo in Formis); l’Alburno: * alba/alpa ‘altura’, e idronimi come il fiume Sabatus, da confrontare con Sabate, città della Etruria, ecc., dalla base * saba ‘fosso’ (?)[3].

    Anche i toponimi ‘minori’ seguenti trovano spiegazione in voci che sopravvivono nel lessico come probabili relitti del sostrato: Motta; Morrone della Serra (sul Matese); Morroni, da motta e mór(r)a, col valore geomorfico di ‘altura’; M. Pentime: pèntima ‘terreno in pendio, roccia, scoglio, grossa pietra’ [infatti ‘la dorsa del Pèntime ha pareti strapiombanti’ (Ruocco)]; Toppo Mondolfo: dial. toppa ‘terra che resta attaccata alle radici delle piante’. Nel nome di torrente Titerno, la formante – RN – è la stessa di altri relitti del sostrato come Alburnus, Taburnus, Volturnus.

    I Romani, come è noto, installarono diverse colonie nel Samnium sia nel corso delle guerre sannitiche, sia a conclusione della seconda guerra punica: fra di esse quella Veneria Abellinatium, di cui fu capoluogo Abellinum, e la stessa Beneventum[4].

Lo strato più consistente dei nomi di luogo del Beneventano è pertanto rappresentato da quelli di formazione latina. Riesce qui utile distinguere almeno due categorie: 1)  i prediali, riconoscibili dal suffisso –ano, che si aggiungeva ai nomi dei proprietari, tra i quali veniva diviso il territorio occupato per la formazione di una colonia (praedia ‘poderi’)[5] e, in genere, i nomi derivati da un personale, latino o cristiano; 2)  toponimi che devono la loro designazione ad assetti particolari, conformazioni caratteristiche del territorio (coronimi), presenza di corsi d’acqua (idronimi), tipo di vegetazione (fitonimi).

    Al primo gruppo (antropotoponimi) si possono ascrivere Brusciano (Casale Brussani, nei Reg. Montev., IV n. 3757): Brussius; Bucciano: Buc(c)ius[6]; M. Burrano; Burrius; Camigliano; Camillius; Campagnano: Campanianus; Campigliano: Campilius; T. Carmignano: Karminius; Cassano: Cassius; Cotignano: Cotinius; Cusano Mutri (de Clusano, a. 1328, R. D. 2211): Cusius; Fagnano: Fannius; Foglianise: Folius, CIL IX 1455 e Fortunae Folianensi[s], CIL IX 2123; Laiano: Lavius; Luzzano: Luttius; Pazzano: Paccius; Puglianello: Pullius; V.ne Sanzano: Sancius; Sirignano: Serenus; Piano di Tignano: Atinius; Vitulano (S. Mariae de Gripta, gen., a. 1327, R. D. 5006): Vitulus; Viturano: Veturius.

Per Pannarano la derivazione dal personale Pandarus (Πάνδαρος) è in contrasto con le forme dei documenti medioevali Pandatanum e Panatanum, da pando, secondo A. Zazo[7].

Personali latini si trovano anche in Pompilio:  Pompilius; Civitella Licinia, con riferimento alla gens Licinia; Giovi: Jovius e Castelvenere (casalis Veneris,  gen., a. 1308-1310, R. D. 2151), tracce probabili di culti di divinità pagane.

    Pago Veiano (de Pao, a. 1327, R. D. 5024; castri Pay, gen., a. 1308-1310, R. D. 4721) che nel CIL, vol. IX (Campania), si ritrova tal quale: Vejanus pagus, -pagus[8] è il villaggio – è da confrontare con Veja, nome proprio femminile, e Veji, città del Lazio.

Altri personali sono di epoca tarda. Così Amorosi (casalis Ameiosi – sic! – gen., a. 1308-1310, R. D. 2154; S. Angeli de Amorosis, a. 1325, Telese, R. D. 2180) che va col cognome Amoroso = Amorosius e Amorusus (XI sec., Molfetta), lat. volg. amorosus, fr. amoureux, it. amoroso, agg. (vedi De Felice E., I cognomi italiani, Il Mulino, Bologna 1980).

    Numerosi gli agionimi (è appena il caso di ricordare la conversione dei Longobardi al Cristianesimo e il dominio dello Stato della Chiesa su Benevento e il suo territorio dalla metà del sec. XI): S. Agata dei Goti, che deve il suo nome all’insediamento di una colonia di Goti; S. Bartolomeo in Galdo: longobardo wald ‘foresta’; S. Giorgio del Sannio; S. Giorgio la Molara: anche in Piemonte il top. Molàre, così detto per una ‘vicina cava di mole’; S. Leucio del Sannio – personale romano Leucius – che fa il paio con S. Leucio, in provincia di Caserta, dove Ferdinando IV fondò una colonia ed eresse un famoso setificio[9]; S. Lorenzo Maggiore (S. Laurentii de Limatis, a. 1325, R. D. 2189); S. Lupo: forse prese il nome ‘dall’antico monastero beneventano dei SS. Lupolo e Zosimo, di cui era un possesso’ (Rotili, op. cit., p. 279); Lupo è anche nome personale; S. Mango sul Calore (de S. Magno, a. 1328, R. D. 5436): magnus ‘grande’; S. Marco dei Cavoti, così detto dagli abitanti di Gap, città della Francia, venuti in Italia al servizio degli Angioini. E ancora: S. Martino Valle Caudina (S. Martini de Vallagaudii, a. 1327, R. D. 4993, dove è curiosa la deformazione di Caudinus, agg. da Caudium, Καύδιον, in gaudium ‘gioia’, ciò che si verifica anche per la dizione errata Tocco Gaudio anzichè T. Caudio[10]; S. Nazzaro; S. Potito Sannita (S. Potiti, gen., a. 1308-1310, R. D. 5607)[11]; S. Salvatore Telesino (S. Salvatoris prope Thelesium, a. 1308-1310, R. D. 2103), ecc. Ad ambito religioso attengono anche S. Croce del Sannio (VIII sec.); Baselice (castri Basilice, gen., a. 1308-1310, R. D. 4708): basilica, nell’accezione di ‘luogo di convegno’ ‘chiesa principale dei Cristiani’; il toponimo si ritrova, per es., in Lombardia: Baselica. Così l’Eremo di S. Menna, eremita e patrono di Vitulano, dal nome proprio Μηνας, abbreviazione di Μηνόδωρος; anche a Rodi top. ‘’ Αγιος Μίνας.

    Assai più vasta la seconda categoria, quella dei nomi ispirati dalle condizioni del suolo (geotoponimi). Cominciando dai luoghi elevati in altezza, accanto ai sopra citati Motta e Morroni, di origine prelatina, troviamo Apollosa (castri Pellusie, gen., a. 1308-1310, R. D. 4699; in territorio de lapelosa, Zazo, art. cit., Documenti n. 192, p. 185): * lapillosus, da lapillus, rifatto su lapidosus, da lapis ‘pietra’ (Alessio); Castelpagano: paganus ‘abitante del villaggio’; Castelvetere in Val Fortore; Colli Vetri, top. che in area centro-settentr. trova riscontro, ad es., in Castelvetro di Modena, Castelvetro Piacentino: vetus – eris ‘vecchio’; M. Calvo, M. Calvello: calvus ‘calvo’ ‘spoglio di vegetazione’; Morgie delle Fate, Morge dei Capozzi: murgia ‘roccia’ è voce di alcuni dialetti merid. dal lat. murex ‘murice’, poi ‘sasso acuto’; Pennino, Pennine: it. merid. penninu, pi- ‘pendenza (di terreno)’ da * pendivus; Pesco appeso, T.po Pescoligatti, Pesco lo Sasso (singolare la tautologia!): - pesco è voce delle regioni centro-merid. d’Italia, indicante ‘rupe a strapiombo’ dal lat. medioev. pesclus[12]; Petrale: petra ‘pietra’; T. Serretelle; Serrauta: serra alta; Tuoro Alto, Tuoro Felasco, Tuoro Verro: nel napoletano antico tuoro è il colle, da torus ‘altura’.

    Qui forse potrebbe aggiungersi il nome di Solopaca (castri Surrupate, a. 1308-1310, R. D. 2095), per il quale la posizione della cittadina che si allunga per due km sul pendio della Punta della Croce e del M. Palomella e la forma documentaria farebbero pensare ad un participio passato di * subrupare ‘dirupare’, verbo che è continuato in voci dialettali abbruzzesi, come surrupà rifl. ‘dirupare, precipitare giù da una china’. Secondo la tradizione locale, il nome deriverebbe dal fatto che i monti, innalzandosi a S., le tolgono, per alcune ore nella stagione invernale, il sole (vedi TCI, Campania).

    Passando ai toponimi dei luoghi pianeggianti, troviamo Aria delle Corde; Aria delle Piante da area ‘aia’; Airola dal diminut. areola; Parmenta; Palmentata: pavimentum ‘pavimento’; Chiaio da plaio ‘piaggia’, piuttosto raro al maschile nei nomi di luogo meridionali, dove sono più frequenti le forme al femminile, si pensi alla Riviera di Chiaia, a Napoli, o alle spiaggie di Chiaia e Chiaiolella a Procida.

A peculiarità della conformazione del suolo devono le loro denominazioni Campoli del Monte Taburno: lat. tardo campulus ‘campiciello’; Canto: canthus ‘angolo’; Circello: circellus ‘piccolo cerchio’; Lammia: it. merid. làmia ‘volta’ dal gr. tardo λάμια, anche in Calabria top. Làmia; Scafa: gr. mod. Σχάφη ‘truogolo’; Valva (Balva, Reg. Montev. IV 2371; Valve, gen., a. 1308-1310, R. D. 5466) e Monte Valva: valvae – più raro il singol. valva – ‘porta, ingresso’[13]. Il riferimento a pratiche di lavorazione e coltivazione del terreno, presenza di fattorie, allevamento del bestiame (zootoponimi), ad interventi dell’uomo sull’ambiente ispira nomi di luogo come Cesche, Cesco di Luccaro; M. Ciesco: cesca è la ‘zolla: e dicesi delle zolle specialmente che si tagliano e si accumulano poi e si addensano per farne argini...’ (De Ritis); Paratola: paratus ‘(terreno) preparato’; Pastene: pastinum ‘terreno divelto, scassato e zappato’; Taverna Starza: lat. mediev. startia ‘fattoria’; Mandrile, da mandria; Vocito: bucetum ‘pastura per il bestiame’; Sciglito: viscíglia  (Cilento), uscíglië (Irpinia) è la ‘pianta (quercia, castagna) giovane’ e deriva dal plurale sostantivato di un agg. *vescilis (da vesci), con riferimento alle foglie di arbusto appetite dal bestiame (Alessio); Valle Defensa; la Difesa: defensus ‘difeso, protetto’, tipo assai frequente in Calabria e Sicilia – ‘a Difisa.

    In qualche caso le denominazioni per zone caratterizzate da perforazioni e depressioni del suolo sono più colorite ed espressive, come in F.na Cantariello e Forchia[14] nei dialetti del nostro Mezzogiorno càntaro è il ‘vaso da notte’ e forchia ‘il buco, la tana della volpe’. Troviamo un Vallone dell’Inferno, da confrontare, per es., col veneto Infernèt, con allusione a ‘luoghi bassi e foschi’. Questi ultimi tre toponimi sono comuni anche al Casertano.

    Ampiamente rappresentata è poi la terminologia connessa alla presenza di corsi d’acqua, terreni alluvionali o acquitrinosi ecc. In questo settore troviamo Acqua; Acquafredda; Forma, che è il ‘cavo d’acqua’; Isca Rotonda, Ischia di Mosca, Lischitella: insula ‘isola’, in dialetto isca[15]; Vallone Lagno; Lagno: ‘lagno è parola...per dinotare...le acque che hanno lentissimo moto o quasi direbbesi che ristagnano tuttavia’(De Ritis): lat. mediev. langnum, relitto mediterraneo; Toppo Limata: limata in dialetto è il ‘terreno limaccioso, terra fangosa, prato umido’ da limus ‘fango’; Paduli: padule ‘palude’; F.na Pisciarello, detta così dallo sgocciolatore dell’acqua; Sorgente Rivullo; Rivullo: rivus ‘corso d’acqua’; Trocchia: lat. mediev. troglarivus canalis’; Vadolato, Vadofrasso: vadum latum ‘guado largo’.

    Quanto ai fitonimi[16] le denominazioni di piante, arbusti, erbe appaiono o al singolare o in forma collettiva, caratterizzata quest’ultima dal suffisso –eto, -ete (lat. –etum).

Alla prima serie appartengono, ad es., M. Acero; Alvanella: àlvano è voce antica e dial. merid. per ontano dal lat. tardo albarus ‘albaro’ ‘pioppo bianco’; nell’Avellinese alvanella è l’Alnus glutinosa, come si può vedere dal repertorio del Penzig, Flora popolare italiana, Genova 1924; Carpinelli: carpinus ‘carpine’; Cerro Antonio, V.ne Cerro Panno, V.ne dei Cerri: cerrus ‘cerro’; Cerzone: dial. merid. cerza ‘quercia’; Frascio, Frasso Telesino (de castro Fracti, a. 1308-1310, R. D. 2259; de Fraxis, a. 1328, R. D. 2369): fraxus, forma tarda di fraxinus ‘frassino’; T. Ginestra; Ginestra degli Schiavoni: lat. tardo genesta ‘ginestra’; M. Sauco: sabucus ‘sambuco’; Sorbo: sorbum ‘sorbo’; Suaro: suber ‘sughero’; V.ne Verni: lat. tardo verna ‘ontano’.

    Più difficili da riconoscere, in qualche caso, le formazioni collettive: Cardagneta: *cardonetum, Cardito: carduetum ‘cardeto’; Carpineto; Cerreto Sannita, V.ne Cerreto, Cerrete; Cerzetole; Corleto Monforte: coryletum ‘bosco di noccioli’; Cornito: cornetum ‘piantagione di cornioli’; Faito, Faitello: *fagetum ‘faggeta’; Forlito: * feruletum ‘piantagione di ferule’; Gugliete, Guglitiello: irpino gòglia ‘sala’ dal lat. tardo gulia.

    Ed ancora: Fragneto Monforte; Fragneto l’Abate (Frangnetum Rapinelle, a. 1308-1310, R. D. 4847): farnetum ‘bosco di farnie’; M. Lecito: ilicetum ‘bosco di lecci’, da cui anche Deliceto, centro in prov. di Foggia; Leschito: aesculetum, da aesculus ‘specie di quercia’, con agglutinazione dell’articolo; Loreto: lauretum ‘bosco di allori’; Piantito, collettivo da planta col senso di ‘vivaio di piante’; Sanciniti: *sanguinetum ‘piantagione di sanguinella’; Spineta: spinetum. E accanto, con suff. –arius: Spinara; Finocchiara: * fenucularium ‘campo di finocchi’; Lordicara, da urtica ‘ortica’, incrociata col gr. άδίχη.

Il passaggio da bosco al ceduo è testimoniato da Cesine: it. merid. cesina ‘radura’ ‘disboscamento’, probab. da un osco-lat. * caesina.

    Dopo la riconquista bizantina, come è noto, Benevento divenne per più di 400 anni la città principale dell’omonimo ducato longobardo. La toponomastica ci ha lasciato diverse tracce dell’insediamento longobardo: la rassegna più esauriente ed aggiornata può trovarsi nell’opera di F. Sabatini, Riflessi linguistici della dominazione longobarda nell’Italia mediana e meridionale, Firenze 1964. Da questa desumo le spiegazioni dei toponimi seguenti: Auduni: germ. Audo o da Aldo (e qui andrà anche Casalduni: medioev. de casaltono, Zazo, art. cit., Documenti 37 p. 162); Castelpoto: Poto nome personale corrispondente al germ. Bodo; Fara, contrada presso Aliano, dal longob. fara ‘unità di insediamento’; Maccoli: longob. Macco, -ilo, germ. Mago; Pontelandolfo (Pontis Landulfi, gen., a. 1308-1310, R. D. 4759): Landulf; Sassinoro (Saxanorum, Sessonerum, a. 1308, R. D. nn. 5050, 5096), nome anche di un torrente: dal nome dei Sassoni.

Si potrebbe qui aggiungere Bonito, se è dal nome personale Bonitus. Germanico anche il nome di Guardia Sanframondi, chiamato semplicemente Guardia: germ. wardia ‘guardia, vedetta’; il secondo nome, come ci informa la Guida del Touring, Campania, compare nell’epoca angioina e deriva forse da un S. Fremondo benedettino. Faccio qui notare che dalle ricerche del Trauzzi[17], indagatore dell’onomastica medievale, vissuto tra ‘800 e ‘900, risulta che anche Framondo è nome di origine germanica, composto con il tema fara ‘famiglia’ (alterato) e mundaprotectio’: fara-, fare-, fra-mundus (Piemonte, Campania).

    È noto che nella loro discesa in Italia, i Longobardi erano accompagnati da gruppi di Sassoni – si è visto poc’anzi Sassinoro – e di altre popolazioni germaniche. Castelfranco in Miscano (castri Francoli, a. 1308-1310, R. D. 5301) deve la sua denominazione ad un insediamento di Franchi, o al nome di origine germanica Franco, da cui, per es., Francolise (a. 1326 n. 2616 R. D.: ecclesia S. Thamari de Francolisio), in provincia di Caserta. Si è già detto di S. Marco dei Cavoti (Cavuoti è anche il nome di una località presso S. Leucio d. S.): ne deriva il cognome Cavuoto.

 

LUIGI CHIAPPINELLI


 

 

[1] Per una distinzione rigorosa coronimi/poleonimi ed altre consimili si veda D. Silvestri Etnici e toponimi di area osca: problemi di stratigrafia e di storia onomastica, Giardini, Pisa, pp- 83 segg. [estr. da «Lingua e cultura degli Oschi (a. c. di E. Campanile)», 1985]. Per ciò che riguarda i poleonimi, alcune ipotesi esplicative, anche se non sempre valide e convincenti, si trovano in opere di carattere generale sulla provincia di Benevento, come A. Meomartini – I Comuni della provincia di Benevento, Benevento 1907 e, più recenti, M. Rotili – Benevento e la provincia sannitica, Roma 1958, o in opere monografiche sulla Campania, quali quelle di D. Ruocco – Campania, 1964; Guida d’Italia del Touring Club Italiano – Campania, IV ediz., Milano 1981.

[2] Vedi Storia della Campania, a c. di F. Barbagallo, vol. I (autori vari), Guida, Napoli 1978.

[3] Vedi G. Alessio, Contributo linguistico alla preistoria, alla protostoria e alla storia della Lucania, Napoli, 1962, passim.

[4] Vedi Il quadro storico della Campania romana di E. Lepore, nel vol. Storia della Campania, cit.; Scevola M. L., Sulla più antica espansione territoriale romana in Campania, Rendiconti dell’Istituto Lombardo (classe Lettere), CVII, 1973.

[5] Ad antiche misurazioni di distanze devono le loro denominazioni Quarto, da una quarta lapide miliaria, e Dugenta (Ducente, gen., a. 1325, R.D. 2341), con riferimento alla centuriazione romana. Vedi, per questo aspetto  A. Gentile, La romanità dell’agro Campano alla luce dei suoi nomi locali: Tracce della centuriazione romana, Napoli 1975.

[6] Vengono sottolineati con il carattere corsivo i personali latini documentati anche per la Campania.

[7] A. Zazo, I beni della Badia di S. Sofia in Benevento nel XIV secolo, in Samnium XXIX (1956), p. 134 nota 20.

[8] Sul pagus esiste una vasta bibliografia. Vedine alcuni titoli in R. Martini, Il «pagus» romano nella testimonianza di Siculo Flacco, in «Rendiconti dell’Istituto Lombardo» (classe Lettere) 1973, 107, pp. 1041-1056, nota 1.

[9] Vedi la Vita di Santo Leucio primo Vescovo di Brindisi composta da Pietro D’Onofrio. Ristampa anastatica con introd. di A. Gentile, Proto ed., 1978. Di A. Gentile anche il Contributo alla storia di Terra di Lavoro. Fonti d’Archivio inedite e storia interna della R. Colonia di S. Leucio in «Archivio storico di Terra di Lavoro», vol. V, anno 1976-77, Caserta 1977, pp. 27-51.

[10] Il nome Caudio fu aggiunto nel 1864 per distinguerlo da Tocco Casauria, in provincia di Pescara. L’antica città sannitica di Caudium sorgeva, secondo alcuni studiosi, sul sito dell’odierna Arpaia.

[11] Il nome del Santo potrebbe derivare dall’aggettivo greco ποζητός «amabile», anche in considerazione delle sue origini «adriatiche». Vedi D. Mallardo, S. Potito, un martire dell’Apulia (estr. dal vol. XXXI dei Rend. dell’Acc. di Archeol. Lettere e Belle Arti di Napoli 1956) e la recensione di A. Zazo in Samnium, cit., p. 118.

[12] Si può trovare una rassegna esauriente di questo tipo toponomastico in C. Battisti, Il tipo «Pescopagano» nella toponomastica dell’Italia centro-meridionale e il nome di Paestum, in «Atti e Memorie del VII Congresso Internazionale di Scienze onomastiche», Firenze 1962, vol. I, pp. 161.179.

[13] Si noti che l’abitato di Valva sorge sotto i dirupi del M. delle Rose e del M. Marzano e che «in una gola del monte, non lontano dalle rovine di Valva Vecchia, è la Cappella di S. Michele, con ampia grotta naturale» (TCI, Campania). Vedi G. Serra, Del mito e delle origini della voce Balma, antro, cavità sotto roccia, grotta eremitica (estr. da vol. Studi in onore di A. Calderini e R. Paribeni I 1956) e, in merito all’articolo, A. Zazo, Varietà e postille, in Samnium 1957 (XXX), pp. 117-118.

[14] Distinto dall’abitato di Forchia nella V. di Arpaia: da forculae «forche» (?).

[15] Vedi l’elenco delle ische mediev. appartenenti a S. Sofia in A. Zazo, art. cit., p. 135, n. 29.

[16] La vegetazione si distribuisce diversamente in relazione ai fattori naturali e alle condizioni ambientali. Sulle falde più basse dei rilievi troveremo associazioni vegetali tipiche della macchia mediterranea, come leccio e alloro; più in alto varietà di quercia come la farnia e il cerro; e poi alberi tipici delle zone montane superiori agli 800 m.: l’ontano, il faggio, l’acero. Desumo queste informazioni da Ruocco, op. cit. passim, alla quale rimando per dettagli ulteriori.

[17] A. Trauzzi, Attraverso l’onomastica del medio evo in Italia, I-II, Rocca S. Casciano, 1911-1915.

 
 

 

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