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Francesco Chiappinelli
Pius Aeneas,
►Dante |
DANTE |
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"In quei giorni Dante era molto agitato: non per l’esilio, né per la umiliante necessità di chiedere il pane a chi glielo faceva tanto pesare, ma perché la Commedia pareva giunta ad un punto morto. Come avrebbe potuto immaginare che l’invenzione dell’Antenora, il luogo dove Ugolino della Gherardesca e l’arcivescovo Ruggieri si sarebbero così drammaticamente incontrati, potesse gravargli tanto? Eppure, ormai, il problema c’era e bisognava affrontarlo.
Anche perché non del solo Antenore si trattava: ormai la prima cantica, nel 1309, era stata di fatto completata e molti canti, egli lo sapeva, erano già abbastanza noti; e tutto faceva presagire che l’accoglienza della gente non sarebbe stata negativa. Certo, in tanti non avevano condiviso la sua scelta del volgare invece del latino, ma a Dante in fondo interessava più che il poema fosse noto e caro a molti che ai pochi che avrebbero comunque arricciato il naso. Ora, però, scegliere lo spazio di Antenore avrebbe comportato conseguenze non lievi sulla struttura del poema intero e sul ruolo che vi doveva svolgere lo stesso Virgilio. Perciò la scelta non era facile..."
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Questo è l’incipit della seconda parte della ricerca sull’impius Aeneas, certamente la più suggestiva ed originale e che ha conseguito numerosi riconoscimenti letterari oltre che filogici. L’intera ricerca è stata pubblicata da Bonanno e può essere acquistata nelle librerie o prenotata presso l’autore, Francesco Chiappinelli, all’indirizzo: fchiappinelli@libero.it
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Nella seconda parte della ricerca, l’autore lascia solo apparentemente il solco delle testimonianze filologiche per introdurre il lettore in una sorta di fiction il cui protagonista è Dante.
Il poeta della Commedia in maniera abbastanza verosimile, a giudicare dalle scarse notizie biografiche relative a quegli anni, tra il 1308 ed il 1310 avrebbe trascorso del tempo a Parigi, per seguire e tenere corsi alla Sorbona, in singolare coincidenza con le fasi conclusive della composizione dell’Inferno. In questa occasione potrebbe senz’altro essere andato alla ricerca del testo del Roman de Troie di Benoit de Sainte-Maure, il monaco normanno che fece rivivere la vicenda troiana nell’Europa del Medio Evo. In quest’opera, dichiarata rielaborazione dei testi di “Darete frigio” e “Ditti cretese”, era ripresa con abbondanti particolari la storia del tradimento di Troia da parte di Antenore ed Enea.
Il divino poeta, che già ne era a conoscenza per gli accenni contenuti in una lettera di Boncompagno da Signa, importante uomo politico toscano, in numerose versioni latine o volgari dei Fatti di Troia, per la versione latina del Roman dovuta a Guido delle Colonne e soprattutto per averne letto in un passo del Trésor di Brunetto Latini, il caro maestro inserito tra i sodomiti, avrebbe deciso di nascondere ai suoi lettori questa vicenda soprattutto per non minare la credibilità di Virgilio, sua guida nell’oltretomba; ma avrebbe volutamente lasciato nel poema alcune tracce, quelle legate ad Antenore e non ad Enea, a conferma ulteriore che il suo era un silenzio voluto e non certo inconsapevole. |
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Su questo sito come su: http://www.mediterranees.net/quoideneuf.html compariranno numerosi aggiornamenti dell’autore sulla leggenda troiana nelle fonti tardolatine e medievali. | |
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