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Le Altre Iliadi

Oltre al racconto insuperabile di Omero, altri testi di straordinario interesse hanno descritto la vicenda di Troia 

 

Francesco Chiappinelli

Boccaccio e l'Impius Aeneas

 

Il grande prosatore si interessò ripetutamente ad Enea, sia nell’opera latina (e perciò implicitamente “dotta”) De genealogiis deorum gentilium, sia nel commento alla Commedia dantesca rimasto incompiuto. In entrambi i casi torna la versione del tradimento, che appare evidentemente legata al testo di Livio, I 1 nel motivare la benevolenza dei Greci. Nel Commento trovano spazio le altre sconcertanti notizie dell’uccisione di Creusa e di Miseno a scopi necromantici, che pure ebbero ampia diffusione nella tradizione medievale avversa all’eroe troiano.

Boccaccio, Genealogiae deorum gentilium,[6,53]:

 

De Enea Anchisis filio, qui genuit Iulium Ascanium et Siluium Postumum…. Qui, et si multa clara facinora apud Troiam egerit, secundum tamen quosdam proditionis patrie macula notatus est, et inter alia trahitur in argumentum, quod incolumis cum filio et nauigiis et parte copiarum abire permissus sit, cum fere in ceteros sit seuitum. Alii tamen dicunt hoc illi permissum loco muneris, quia legatorum Grecorum ad Priamum uenientium hospes fuerit assiduus, et quia semper in consiliis Troianorum damnosum dixerit Helenam detineri, suaseritque restitui.

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 Egli, anche se ha compiuto molte imprese gloriose presso Troia, secondo taluni è segnato dalla macchia del tradimento della Patria, e se ne adduce a prova tra altre cose che gli fu permesso di andarsene incolume con il figlio, le navi e parte delle truppe, mentre contro gli altri si incrudelì. Altri tuttavia dicono che ciò gli fu concesso a titolo di dono, perché egli fu ospite assiduo dei messaggeri greci a Priamo e perché sempre nelle assemblee dei Troiani dichiarò dannoso che si trattenesse Elena e consigliò di restituirla…

 

Commento all’Inferno, IV 122

[Esposizione litterale] Ed Enea: Questi fu figliuolo, secondo che i poeti scrivono, d'Anchise troiano e di Venere e nacque sopra il fiume chiamato Simeonte, non guari lontano ad Ilione, al quale poi Priamo, re di Troia, splendidissimo signore, diede Creusa, sua figliuola, per moglie, e di lei ebbe un figliuolo chiamato Ascanio. Fu in arme valoroso uomo e tra gli altri nobili Troiani andò in Grecia con Parìs quando egli rapì Elena: la qual cosa mostrò sempre che gli spiacesse. Non pertanto valorosamente contro a' Greci combatté molte volte per la salute della patria e tra l'altre si mise una volta a combattere con Achille, non senza suo gran pericolo. In Troia fu sempre ricevitore degli ambasciadori greci: per le quali cose, essendo Iliòn preso da' Greci, in luogo di guiderdone gli fu conceduto di potersi, con quella quantità d'uomini che gli piacesse, del paese di Troia partirsi e andare dove più gli piacesse. Per la qual concessione prese le venti navi, con le quali Parìs era primieramente andato in Grecia, e in quelle messi quegli Troiani alli quali piacque di venir con lui, e similemente il padre di lui ed il figliuolo, e, secondo che ad alcun piace, uccisa Creusa, lasciato il troiano lito, primieramente trapassò in Trazia e quivi fece una città, la quale del suo nome nominò Enea, nella qual poi esso lungamente fu adorato e onorato di sacrifici come idio, sì come Tito Livio nel XXXX libro scrive. E quindi poi, sospettando di Polimestore re, il quale dislealmente per avarizia aveva ucciso Polidoro, figliuol di Priamo, si partì e andonne con la sua compagnia in Creti, donde, costretto da pestilenzia del cielo, si partì e vennene in Cicilia, dove Anchise morì appo la città di Trapani. Ed esso poi per passare in Italia rimontato co' suoi amici sopra le navi e lasciata ad Aceste, nato del sangue troiano, una città da lui fatta, chiamata Acesta, in servigio di coloro li quali seguir nol poteano, secondo che Virgilio dice, da tempestoso tempo transportato in Africa e quivi da Didone, reina di Cartagine, ricevuto ed onorato, per alcuno spazio di tempo dimorò. Poi da essa partitosi, essendo già sette anni errato, pervenne in Italia e nel seno Baiano, non guari lontano a Napoli, smontato, quivi per arte nigromantica, appo il lago d'Averno, ebbe con gli spiriti immondi, di quello che per inanzi far dovesse, consiglio; e quindi partitosi là dove è oggi la città di Gaeta perdé la nutrice sua, il cui nome era Gaeta, e sopra le sue ossa fondò quella città e dal nome di lei la dinominò; e quindi venuto nella foce del Tevero ed essendogli, secondo che dice Servio, venuto meno il lume d'una stella, la quale dice essere stata Venere, estimò dovere esser quivi il fine del suo cammino. Ed entrato nella foce e su per lo fiume salito con le sue navi, là dove è oggi Roma, fu da Evandro re ricevuto e onorato; e in compagnia di lui essendo, da Latino, re de' Laurenti, gli fu data per moglie la figliuola, chiamata Lavina, la quale primieramente aveva promessa a Turno, figliuolo di Dauno, re de' Rutoli. Per la qual cosa nacque guerra tra Turno e lui e molte battaglie vi furono, e secondo che scrive Virgilio, egli uccise Turno. Ma alcuni altri sentono altrimenti. Della morte sua non è una medesima oppinione in tutti. Scrive Servio che Catòn dice che, andando i compagni d'Enea predando appo Lauro Lavinio, s'incominciò a combattere ed in quella battaglia fu ucciso Latino re da Enea, il quale Enea poi non fu riveduto. Altri dicono che, avendo Enea avuta vittoria de' Rutoli e sacrificando sopra il fiume chiamato Numico, che esso cadde nel detto fiume e in quello anegò, né mai si poté il suo corpo ritrovare: e questo assai elegantemente tocca Virgilio nel IIII dello Eneida, dove pone le bestemmie mandategli da Didone, dicendo:

 

At bello audacis populi vexatus et armis,

 

finibus extorris, complexu avulsus Iuli,

 

auxilium imploret videatque indigna suorum

 

funera, nec, cum se sub leges pacis inique

 

tradiderit, regno aut optata luce fruatur,

 

sed cadat ante diem mediaque inhumatus arena.

 

Hoc precor etc.

 

[Esposizione litterale] E Virgilio medesimo mostra lui essere stato ucciso da Turno, dove nel libro X dell'Eneida finge che Giunone, sollicita di Turno, nel mezzo ardore della battaglia prende la forma d'Enea, e, seguitata da Turno, fugge alle navi d'Enea; e infino in su le navi essere stata seguitata da Turno, e quindi sparitagli dinanzi: la qual fuga si tiene che non fosse fittizia, ma vera fuga d'Enea, e che quivi, morto, esso cadesse nel fiume. Ma, come che egli morisse, fu da quelli della contrada deificato e chiamato Giove Indigete.

 

 

 

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