Cultura e Scuola  
Home Siti Consigliati Pubblicazioni Servizi

 

Le altre Iliadi

Oltre al racconto insuperabile di Omero, altri testi di straordinario interesse hanno descritto la vicenda di Troia

 

 

La lussuria di Achille nei commenti danteschi

Francesco Chiappinelli

 

A chiosa del saggio Gli amori (e le perversioni) di Achille riportiamo qui di seguito i commenti al passo della Commedia sull’inserimento del celebre eroe tra i lussuriosi, accanto ad Elena, Didone, Semiramide, Paride, Tristano…Sulla scorta del racconto di Ditti e Darete, la dannazione dell’eroe è generalmente collegata alla storia d’amore con Polissena, la bella figlia di Priamo. Ma Achille non potè neppure sfiorarla, e l’accusa di lussuria parve fuor di luogo a molti commentatori, specie quelli contemporanei al poeta, che indicarono in altre vicende le sue colpe vere.

 

 Dante, Inferno 5.64-66

Elena vedi, per cui tanto reo

  tempo si volse, e vedi 'l grande Achille,

  che con amore al fine combatteo.

 

1. Jacopo Alighieri (1322).

Achille fu figliuolo de' re Peleo d'Atilia, detta Civita di Creti, il quale, essendo a Troia nell'oste de' Greci con certi compagni per fare alcuna pace della morte d'Ettore, da quei dentro fu falsamente fidato, dovendo torre Polisena figliuola de' re Priamo, di cui egli era vago, per moglie, e dare Andromaca, cioè la moglie ch'era stata d'Ettore, a Pirro suo figliuolo. Nel quale trattamento in alcun tempio di Troia, essendo per vendetta d'Ettore da' fratelli a tradimento fu morto.

 

2. Guglielmo Maramauro (1369-73),

ACHILLE ETC. Questo fo figlio de Peleo e de Teti dea del mare, re de' Marmidoni; il qual, combatendo per li Greci contra li Troiani, morì nel templo de Troia, morto da Parìs per amore de Polixena, sì como scrive Dares Frigio nel so libro.

 

3. Giovanni Boccaccio (1373-75).

E vidi il grande Achille, Che con amore, cioè per amore, al fine, della sua vita, combatteo, contro a Paride e agli altri che nel tempio d'Appollo Timbreo l'assalirono e uccisono, nel quale Ecuba l'avea occultamente e falsamente fatto venire, avendogli promesso di dargli per moglie Polisena.

Acchille fu figliuolo di Pelleo e di Tetide minore, nelle cui noze etc. non fu invitata la dea della Discordia etc.; e fu d'una città di Tesaglia, secondo che Omero scrive nella Iliada, chiamata Ptia. Il quale, secondo che i poeti scrivono, come nato fu, dalla madre fu portato in inferno e, acciò che egli divenisse forte e paziente delle fatiche, [e] presolo per lo calcagno, tutto il tuffò nel fiume, o vero nell'onde di Stige, palude infernale, fuori che il calcagno di lui, il quale teneva con mano; e, questo fatto, il diede a Chiròn centauro che lo allevasse. Chiròn fu padre della madre d'Acchille etc. Il quale il nutricò, non in quella forma che gli altri tutti si sogliono nutricare, ma gli faceva aparecchiare il cibo suo solamente di medolla d'ossa di bestie prese da lui; e questo faceva, acciò che egli per continuo essercizio si facesse forte e destro a sostenere le fatiche. E per questo solea dir Leòn Pilato lui essere stato nominato Achille, ab «a», che tanto vuol dire quanto «senza», e «chilos» che tanto vuol dire quanto «cibo», quasi «uomo nutricato senza cibo». Insegnò Chiròn a costui astrologia e medicina e sonare questi istormenti di corda. Ma come la madre di lui sentì essere stata rapita da Paride Elena, conoscendo per sue arti che gran guerra ne seguirebbe e che in quella sarebbe il figliuolo ucciso, s'ingegnò di schifargli con consiglio questo male, se ella potesse: e lui dormente, e ancora fanciullo senza barba, nascosamente della spelonca di Chirone il trasse e portonnelo in una isola chiamata Schiro, dove regnava un re chiamato Licomede; e con vestimenti feminili, avendolo ammaestrato che a niuna persona manifestasse sé esser maschio, quasi come fosse una vergine, gliele diede che il guardasse tra le figliuole. Ma questo non poté lungamente essere occulto a Deidamia, figliuola di Licomede, cioè che egli fosse maschio: col quale essa, preso tempo atto a ciò, si giacque; e per la commodità, la quale avea di questo suo piacere, ad alcuna persona non manifestava quello essere che essa avea conosciuto. E tanto continovò la lor dimesticheza che essa di lui concepette un figliuolo, il quale poi chiamaron Pirro.

Ma, poi che i Greci ebbon tutti fatta congiurazione contro a' Troiani, avendo per risponso avuto non potersi Troia prendere senza Acchille, messisi ad investigare di lui, con la sagacità d'Ulisse fu trovato e menato a Troia. Dove andando, prese più città di nimici e grandissima preda e una figliuola del sacerdote d'Apolline, la qual donò ad Agamenone, e un'altra, che presa n'avea, chiamata Briseida, guardò per sé; ed essendo convenuto, per responso degli idii, che Agamenone avesse la sua restituita al padre, tolse Briseida ad Acchille: della qual cosa turbato Acchille, non si poteva fare né per prieghi né per consiglio che egli volesse combattere contro a' Troiani. Per che, essendo i Greci un dì fieramente malmenati da' Troiani, avendo egli concedute le sue armi e il carro a Patrocolo, e Patrocolo essendo stato ucciso da Ettore, turbato s'armò: e vinto e ucciso Ettorre e strascinatolo e poi tenutolo senza sepoltura dodici dì e ultimamente rendutolo a Priamo, e poi perseverando nel combattere, avendo ucciso Troiolo, fratello di Ettorre, suspicò Ecuba costui non doverle alcuno de' figliuoli lasciare; per che con lui tenne secreto trattato di dovergli dare Polisena, sua figliuola, per moglie, dove egli le promettesse più non prendere arme contro a' Troiani. Amava Achille Polisena maravigliosamente, per ciò che ne' tempi delle triegue veduta l'avea ed eragli oltre ad ogni altra femina paruta bella. Ed essendo dunque esso in convenzione con Ecuba, secondo che ella gli mandò dicendo, solo e disarmato andò una notte nel tempio d'Appollo Timbreo, il quale era quasi allato alle mura d'Ilione, credendosi quivi trovare Ecuba e Polisena; ma come egli fu in esso, gli uscì sopra Parìs con certi compagni, ed essendo Parìs mirabilmente ammaestrato nell'arte del saettare, aperto l'arco, il ferì d'una saetta nel calcagno, per ciò che sapeva lui in altra parte non potere esser ferito: per che Acchille, fatta alcuna ma piccola difesa, cadde e fu ucciso e poi sepellito sopra l'uno de' promontori di Troia, chiamato Sigeo.

 

4. Benvenuto da Imola (1375-80).

Helena. Hic autor nominat aliam reginam omnium famosissimam, scilicet Helenam, quam autor describit a memorabili clade, cuius ipsa fuit causa. Ista fuit simpliciter amorosa sine virtute magna. Fuit enim Helena famosissima mulierum, cuius pulcritudinem, ut de ceteris taceam, mirabiliter extollit Homerus. Ipsa ob sui pulcritudinem mirabilem rapta fuit a Theseo illustrissimo duce Athenarum, cum esset puella, sed statim recuperata fuit a fratribus suis, de quo dicit Ovidius: A juvene et cupido credatur reddita virgo. Secundo, fuit rapta a Paride, licet culpa sua, ex quo natum est tam diuturnum et tam atrox bellum. Unde dicit: per cui tanto reo tempo si volse; nam per decennium duravit obsidio Graecorum contra Trojam cum maxima jactura utriusque partis, quae non minus afflixit obsessores quam obsessos; de quibus obsessis ait Virgilius: Non anni domuere decem, non mille carinae. Et de obsessoribus dicit indignanter Ovidius: Quid petitur tanto nisi turpis adultera bello? Et tamen ista serpens venenosissima et fax ardentissima fuit reddita incolumis viro suo Menelao, et ipse cum perpetua ignominia receptavit eam. E vidi. Hic autor, nominatis primo mulieribus, in quibus magis viget luxuria, nunc nominat aliquot viros, et primo virum fortissimum Grecorum, scilicet Achillem, quem autor describit ab interitu suo, quia mortuus est propter amorem. Iste enim stupravit Deydamiam, rapuit Briseidem, et ultimo captus amore Polissenae filiae Priami, fuit sagittatus a Paride furtive; et sic vide qualiter vir invictissimus Achilles periit percussus telis amoris, quia Paris fuit summe amorosus, ut statim dicetur. Ideo bene fingit Homerus, quod Achilles erat totus invulnerabilis praeter plantas pedum, quia scilicet non poterat superari nisi per viam amoris; nam pes hominis est amor eius, et sic cessat objectio quare autor non nominaverit supra Achillem inter viros illustres, quia Achilles viscatus vicio luxuriae mortuus est turpiter; Hector vero pugnans pro patria mortuus est laudabiliter in praelio. De Achille dicetur alibi sepe, et specialiter Purgatorii capitulo IX. Dicunt etiam aliqui quod Achilles amavit Patroclum inhoneste, quod est falsum, quia tunc poneretur alibi, ubi punitur luxuria innaturalis inter flammas. Ergo bene dicit autor: e vidi il grande Achille che con Amor al fine combatteo, quia usque ad mortem pugnavit amoratus, et etiam aliquando cessavit bellare amore Briseidis iratus contra Agamemnonem, qui eripuerat eam sibi.

 

5. Chiose Vernon (1390[?]).

Elena vidi per chui tanto reo

tempo si volse e vidi il grande Achille

che per amore al fine combatteo.

Elena fu moglie del re Menelao fratello del re Aghamenon di Grecia e Parissi figliuolo del re Priamo di Troia essendo ito in Grecia innamorò di lei ed ella di lui ed egli furtivamente la tolse e menolla a Troia. E allotta il re Menelao e il re Aghamenon raunarono tutta loro amistà e andorono a oste a Troia e istettonvi dieci anni poi alla fine con tradimento presono la città e morto il re Priamo e tutti i suoi figliuoli e arsa la terra e de' Greci non champarono de' cinquanta l'uno il re Aghamenon chome tornò a cchasa la moglie sua Clitennestra Egisto suo conchubino l'uccisono.

 

6. Anonimo Fiorentino (1400[?]).

Et vidi il grande Achille: Stazio chiama Achille magnanimo, et quindi l'Autore. Peleo re d'i Mirmidoni ebbe di Tetis sua moglie, dea del mare, uno figliuolo nome Achille. Tetis, però ch'era sirochia di Chirone Centauro, mandò Achille allevare a lui, acciò ch'egli venisse sperto delle virtù del zio. Fue questo Chirone, secondo i poeti, mezzo uomo et mezzo cavallo: la verità fu che Chirone era grandissimo medico, et massimamente in cognoscere le malizie et le bontà de' cavalli; et perch'egli ne fu così grande maestro, dissono ch'egli fu mezzo cavallo, quasi d'una natura del cavallo. Chirone amaestrò Achille in molte cose, in astrologia et in altre scienzie; et perch'egli divenisse destro, gli fece apparare a trarre coll'arco, et andare cacciando et saettando alle fiere; et acciò ch'egli mangiasse cibo che gli dessi nodrimento et nol gravasse, dicesi ch'egli il facea vivere solo delle midolla dell'ossa delle fiere; et d'indi fu detto Achille, idest sine cibo. Et Tetis, veggendo per sua arte che Achille dovea morire a Troja, dormendo un giorno Achille nel tempio, il prese nelle braccia et portollo a Schiro al re Licomedes, vestito a guisa di femina (però ch'era giovane senza barba), et diello a compagnia fra certe vergini, fra le quali era Deidamia figliuola di Licomedes. Ebbe Achille a fare con Deidamia, et ebbene uno figliuolo nome Pirro. Avenne che i Greci, avuto responso d'Apollo che Troja mai non si piglierebbe, se Achille non vi venisse, fu mandato Ulisse, sagace uomo, a cercare di lui. Ulisse, come ch'egli lo spiasse, ito a Licomedes in guisa di mercatante, portò giojelli feminili, arco ed altri arnesi da uomo, pensando che le femine togliessono cose feminili, et Achille da uomini: et com'egli pensò venne fatto. Conosciuto Achille come nelle sue mani stava la vittoria de' Greci, di suo volere il menò nell'oste. Achille co' suoi Mirmidoni che 'l seguirono, prese assai terre de' Trojani, et fra l'altre due vergini, che l'una diede a Agamenon et l'altra volse per sè. Venne in quello tempo una grande pestilenzia nell'oste de' Greci; di che mandorono ad Apollo: et egli rispose che mai la pestilenzia non resterebbe infino a tanto che la figliuola del sacerdote del suo tempio non si rendesse. Teneala Agamenon, il quale, temendo il pericolo, la rendè al sacerdote suo padre, et tolse Griseida d'Achille. Achille, sdegnato di ciò, non s'armava, onde Ulisse fu mandato a riconciliare Achille et professergli di rendergli Griseida. Achille per questo priego non rimosse dallo sdegno; ma pure consentì che Patroclo, suo caro amico et compagno, s'armasse colle sue armi, et in su il suo carro; et così andò alla battaglia. Ettor, veggendolo, et credendo ch'elli fosse Achille, venne verso lui et leggiermente l'uccise; et armato delle sue armi tornò in Troja. Achille, sdegnato per questo, prese l'arme; et doppo molte battaglie uccise Ettor, et 12 dì il tenne senza sepoltura: et poi, per prieghi et doni di Priamo, il rendè; et altra volta uccise Trojolo: di che Ecuba, veggendo Achille essere la morte de' suoi figliuoli, et accortasi al tempo delle triegue ch'egli era innamorato di Polissena, gli fe profferire ch'ella gliel darebbe per moglie, et egli non s'armassi contra a Trojani: onde Achille contento, fu fermo il patto fra loro. Poi, temendo Ecuba ch'egli non l'attenessi, mandogli a dire maliziamente ch'egli venisse a vedere Polissena; di che Achille venne, come gli fu detto, al tempio d'Apollo Timbreo, ch'era presso alle mura di Troja. (Era chiamato Timbreo, però che intorno a quello era molta erba chiamata timbre: noi la chiamiamo tignamica); di che Paris, essendo nascoso et occulto, di consiglio d'Ecuba, giunto Achille nel tempio, il saettò et fedillo nel calcagno; però che Tetis sua madre nella sua infanzia l'aveva preso per lo calcagno et attuffato nell'onde di Stige: et però che le Dee non debbono essere tocche dalle cose infernali, avendo Tetis presolo per lo calcagno, non toccò l'acqua con le mani, nè Achille col calcagno; di che, per la virtù di quest'acqua, non potea Achille essere ferito in alcuno luogo, altro che nel calcagno. La fizione della favola si chiarisce in questo modo. Stige è interpetrato tristizia: fu attuffato in quello per la madre per le cose celestiali amaestrato in esercitarsi et in guardarsi cautamente; et questo non si può fare senza assai pensieri che dànno altrui tristizia. Achille era savio e cauto in ogni sua operazione; ma lasciavasi vincere et ingannare alla lussuria. Et questo si figura per lo calcagno, però che nel calcagno ha certe vene che rispondono al filo delle reni, onde procede l'atto della lussuria. Che con amore alfine combatteo: ciò è per amore; et pone qui di licenzia poetica la conjunzione per la proposizione.

 

7. Alessandro Vellutello (1544).

E Vidi il grande Achille. Achille figliuolo di Peleo & di Thetis Dea, secondo esso Homero, si rendè lussuriosso & lascivo prima per haver conosciuto Deidamia figliuola di Licomede, la qual di lui generò Pirro. Poi condotto per opera d'Ulisse a Troia nell'esercito de' Greci, s'innamorò & possedè l'amore di Briseida, figliuola di Briseo sacerdote, la qual essendogli tolta d'Agamenon, soffrì, per grave sdegno, star più tempo senza volersi armare, & che i Greci fussero mal menati da' Troiani. Ultimamente s'innamorò di Polissena figliuola di Priamo, & trattando con Ecuba, madre di lei, di volerla sposare, si condusse per questo nella Città, ove fu da Paris a tradimento ucciso. Onde'l Poeta dice che al fine combattè con amore.

 

8. Graziolo Bambaglioli (1324).

E vedi 'l grande Achille. Achilles fuit Grecus filius Pelei et Thetis dee marine, probissimus inter Grecos, qui inter ceteros operatus fuit in destructione Troyana; sed cum mater eius Thetis dea marina previdisset ex sapientia sua quod ipse Achilles filius eius deberet interimi si ipsum accideret pervenire in exercitum Troyanorum, timens de morte filii, ipsum Achillem transmixit in habitu mulieris ad regnum et insulam regis Licomedis, et in dicta ynsula aliquo tempore latuit cum Dyadema, filia dicti regis Licomedis, et aliis domicellis virginibus habitantibus ibi. Sed quia Greci per augures suos acceperant Troyam occupari non posse absque Achilis presentia et virtute, idcircho elegerunt dischretos et industres viros Ulixem et Diomedem et ipsos pro inquisitione et inventione Achillis personaliter transmiserunt. Sed cum Ulixes et Dyomedes audivissent ipsum Achillem latere et permanere in ynsula Licomedis, idcircho multas mercationes multaque iocalia tam muliebria quam virilia et militaria susceperunt et ipsa detulerunt ad insulam Licomedis, quoniam ipsi Ulixes et Diomedes cognoscebant ipsum Achillem fore tante virilitatis et probitatis quod non in mercationibus et iocalibus muliebribus, sed in rebus belicis et virilibus letabatur; et propterea ipsi Ulixes et Diomedes cogitaverunt et disserunt inter se ipsos: “Illa domicella que eliget et libenter accipiet mercationes viriles, ipsa erit Achilles”. Et cum in habitu mercatorum venissent in presentia dictarum virginum, cum alie domicelle acciperent monilia mulierum, solus Achiles accipiebat ensem et gladios et in tactu et visu armorum delettabatur et sic ipsum esse cognoverunt Achilem. Et propterea incontinenti ipsi Ulixes et Diomedes preceperunt dicto regi Licomedi ex parte regis Grecorum quod dictum Achilem sibi darent ut ipsum ad prelium ducerent; et sic datus et conductus ad prelium, postmodum cum duraret exercitus Grecorum, ipse Achilles amabat Polixenam filiam regis Priami et sororem Paridis; qui siquidem Paris fraudulenter duxit dictum Achilem ad templum et promixit ei tradere in uxorem Polixenam sororem suam et sic decepit eum: et ipsum cum quadam sagitta percussit et occidit et hoc quia ipse Achiles prius occiderat Hectorem fortissimum Troianorum in prelio, fratrem dicti Paridis.

 

9. Jacopo della Lana (1324-28).

Questa Elena fu una bellissima donna, ed era mogliera di Menelao grande e possente in tra i Greci. Paris figliuolo di Priamo re di Troia essendo andato in Grecia, vide questa donna e innamorò di lei ed ella di lui. Trattò secretamente d'averla e sì la furò al marito e menolla a Troia; per la quale cagione li Greci irati di tale oltraggio, feceno oste a Troia, e infine la distrussero, e però dice Dante: per cui tanto reo Tempo si volse, cioè per lo assedio di Troia, che fu molto. Achille: Questo Achille fue figliuolo di Peleo e di Thete dea marina. Or essendo ello giovane al tempo dello assedio di Troia e morto il padre, questa Thete sua madre previde che ello dovea esser morto in lo assedio di Troia, pensò di volere schifarli tal morte in questo modo, che ella lo vestì in abito di femina, e mandollo all'isola di Licomede re, cioè a Schiro. E mandò pregando lo detto re che dovesse salvare e guardare questo suo figliuolo sì come facea Deidamia sua figliuola, la quale lo detto re tenea in uno palagio con molte fanciulle e serventi. Lo detto re avendo ricevuto lo prego, e credendo che fusse femina sì lo mise a stare con Deidamia sua figliuola: ed e' ebbe a fare con essa carnalmente. Or in processo di tempo fu ditto per alcuni augurii, overo indivinatori, a Greci ch'elli non potrebbono conquistare Troia se inanzi elli non avessono con loro Achille, lo quale era fortissimo e valente uomo, e vedeano ch'elli era ascosto in una isola in abito di femina. Li Greci udito questo si misono a volerlo cercare, e fenno in questo modo: ch'elli commisono ad Ulisses ed a Diomedes, ch'erano due grandi gentili uomini, in forma di mercatanti andassono cercandoro per l'isole del mare e portassono merciarìa da uomini e da femine, e in ciascuno luogo ch'elli presumessono ch'elli potesse essere, lìe mostrassono queste sue merciarìe, e quando vedessero che alcuna femina prendesse o toccasse cosa che appartenesse a cavaliere come spade, isproni, coltelli da ferire o lancia, e non cose che apartenessono a femina, fossero certi che quello era Achille: poscia trovato lui facessono comandamento a quella signorìa, dove lo trovassero, da parte del re e dello esercito di Greci, che a loro fosse dato. Questi Diomedes ed Ulisses, tolta tale commissione, preseno a fare la detta cerca, e più isole cerconno finchè furno all'isola dov'elli era. Come funno dismontati de' suoi navili novella andò per l'isola: due mercatanti sono giunti in porto, li quali hanno di diverse maniere di gioie e merciarìe. Udito questo la figliuola del re mandò per essi. Questi andonno là e portonno tutte sue merciarìe e gioie. Or quelle damigelle, ch'erano lìe, toccavano e cercavano di quelle cose, chi trecciera, chi ghirlanda, chi cintura e chi specchio e pure cose feminili. Achille guardava spade e coltelli e metteasi scudi a collo, missidava sproni e pure tramutava cose ch'apartenevano a cavalieri. Questi aveduti del fatto dissono insieme: questi è esso. Poi dissono a lui: tu sei Achille; ed elli nol seppe negare. Fatto costoro allegrezza grande, fenno comandamento al re, sì che l'ebbono e menonlo all'oste. Lo quale Achilles ad una scaramuccia uccise Ettor figliuolo di Priamo re di Troia e fratello di Paris e di Polissena. Uscendo un dì fuor di Troia Polissena e gran gente de' Troiani a far onore al corpo d'Ettor, imperocchè quel dìe era uno anno che era stato morto, ed essendo tregua di tre mesi tra li Troiani e li Greci, Achilles andò a veder quel pianto, e veggendo Polissena così bella innamorò di lei: alla fine mandolle certi messi. Paris, e la reina Ecuba madre d'Ettor, saputo tale innamoramento, mandolli a dire s'ello la volea per mogliera ch'ello glie la darebbe; e se ello la volea vedere venisse da cotal porta. Achilles montò suso un palafreno, e tutto disarmato fuor che dalla spada, menò seco Antilogo figliuolo del re Nestore, e andò da quella porta per vederla. Paris fu al tempio d'Apolline, ove dovea venire Achilles armato con venti compagni; e quando Achilles e Antilogo vennero, sì li ancise. Vero è che, come pone lo troiano, quelli feceno grandissima difesa, sichè per amor combattenno, e morti furono.

 

10. Guido da Pisa (1327-28[?]).

Et vidi 'l grande Acchille. Quia plures fuerunt qui hoc nomine sunt vocati, ideo ait autor: «vidi 'l grande Acchille». Iste est enim ille magnus Achiles qui pro maiori parte Troyanorum bellicosos iuvenes obtruncavit, et spetialiter, ut scribit Dares Phrigius, Hectorem fortissimum Troyanorum omnium prelio singulari devicit, et cum ipsius Hectoris balteo ipsum Hectorem circa muros troyanos vidente Priamo patre traxit. De isto siquidem baltheo unum maximum infortunium scribitur a poetis. Dicunt enim quod cum Hector et Aiax uno die ad colloquium convenissent, sibi tantum mutuo placuerunt quod militare munus unus alteri est largitus. Aiax enim suum baltheum Hectori, et Hector suum ensem donavit Aiaci, quod utrique infortunium cessit huiusmodi infortunata largitio. Nam Hector tractus est ipsius Ayacis baltheo ab Achille. Et Aiax furia ductus ense Hectoris se peremit. De qua furia 13 Methamorphoseos scribit Ovidius.

Hectora qui solus, qui ferrum ignemque Iovemque

Sustinuit totiens, unam non sustinet iram,

Invictumque virum dicit dolor, arripit ensem

Et meus hic certe est! an et hunc sibi poscit Ulixes?

Hoc, ait, utendum est in me michi, quique cruore

Sepe Frigum maduit, domini nunc cede madebit,

Ne quisquam Aiacem possit superare nisi Aiax.

Dixit et in pectus tum demum vulnera passum,

Qua patuit ferro, letalem condidit ensem,

Ne valuere manus infixum educere ferrum.

{Met. XIII. 384-393}

Videns autem Hecuba suum primogenitum filium, qui erat lux et gloria Troyanorum, ab Accille peremptum, femineo cogitatu ipsum Achillem Polixene amore languentem ad colloquium convocavit, promittens sibi dare ipsam Polixenam in uxorem, si a troyana vellet obsidione recedere. Accilles autem, quia amore ipsius Polixene tenebatur, in quodam templo Apolinis prope muros urbis ad colloquium cum regina convenit, quem Paris, instructus a matre, sagitta peremit. Ideo ait autor in textu: «che con amore al fine combatteo». Nam amore ipsius Polixene pacem cum Troyanis Grecorum exercitui suadebat, bellare vetabat, et se a preliis abstinebat. Sed cum uno die Hector totum Grecorum exercitum trucidaret, Achilles, rogatus a principibus, bellum intravit et Hectorem interfecit. Unde Hecuba sub amoris pretextu ipsum Achillem, ut dictum est, morte insidiosa peremit. Sed postea capta Troya, Pyrrus, ipsius Achillis filius, ipsam Polyxenam supra patris tumulum immolavit, ut habetur infra, cantu [XXX].

 

11. L'Ottimo Commento (1333), Inferno 4.122

Tra' quai conobbi ec. Ettor, com'è detto, fu il primogenito di Priamo, uomo bellissimo del corpo, e valentissimo d'arme, il quale nella guerra troiana vinse molti principi de' Greci, intra quali fu Protesilao, il marito della casta Laodamia d'Emonia, e Patrocolo l'amico d'Achille e Antiloco, e Peteo, e Protenore, Emone, Alcmeone, Epistrofo, Sisifo, Piroo, Stenelo, Polisseno, e ultimamente Polimeone duca fortissimo; al quale, dispogliandoli le bellissime armi, Achille sopravenne, e quivi uccise Ettor. Dicesi che vi usòe tradimento, se tradimento si può dire quando l'uno nemico combatte a pieno campo con l'altro; la cui vita fu sì utile alli Troiani, che infino a qui con nulla paura combatteano, e la cui morte fu sì utile alli Greci, che poi tennero continova speranza di vincere.

L'Ottimo Commento (1333), Inferno 5.65-66

Vidi 'l grande Achille ec. In costui si punisce incesto, fornicazione, e rapimento, e soddomia. Fue Achille il fortissimo de' Greci, figliuolo di Peleo e di Teti, la quale per guardarlo del venire sopra Troia, lo rinchiuse in un monisterio di donne: quivi sverginò la monaca Deidamia, figliuola di Licomede, della quale nacque Pirro, del quale si toccherà di sotto, capitolo XXVI Inferni, quivi – Piangevisi entro ec. Nella persona della quale Deidamia commisse strupo; e incesto poi, quando elli venne sopra Troia, come si toccherà di sopra capitolo predetto. Combatterono un castello nome Leino, e quivi ne rapìe la fanciulla del detto Apollo, la quale avea nome Briseis, in costei commisse rapimento, fornicazione; soddomia commisse in Patroculus. Poi finalmente innamor[ò]e di Polisena figliuola di Priamo in un tempo di tregua; e però dice l'Autore che, cessato della battaglia de' Troiani, combattè con amore, che vince li forti petti: la quale egli procurò d'avere per moglie: sotto lo quale tratto Ecuba mandò per lui, e fecelo venire nel tempio d'Apollo dinante alla porta di Troia, nella quale era in aguato Paris; questo Paris il [ferìo] di saette, ond'elli e 'l suo compagno Antiloco, figliuolo di Nestore, morìo.

E Pirro ec. Due furono li Pirri, l'uno Pirro re delli Epi[rot]i, il quale di Grecia con oste passò in Italia, e fece guerra al Romano Imperio; l'altro fu Pirro crudele, che uccise la bella Polissena figliuola di Priamo re di Troia, e uccise il detto Priamo, e crudeltadi da non dire usòe nella presa di Troia in vendetta del suo padre Achille, sì come scrive Virgilio ne l'Eneida. Costui, dopo la presa di Troia, tolse ad Oreste, figliuol[o] d'Agamenon, la moglie; rubòe i Greci per mare e per terra e corsegiòe il rimanente della sua vita: e di costui dice l'Autore;

L'Ottimo Commento (3) (1338), Inferno 5.65-66

Achille. Questo fu il più fortissimo de' Greci che vennero a l'assedio di Troia il quale uno die di festa tra le tregue facte tra Troiani et li Greci vide la bella Polisena figlia del re Priamo et di lei s'inamoroe, et tractando di torrerla per mogl[i]e e di fare levare l'assedio da Troia per questa cagione, essendo fortissimamente inamorato, andoe in uno tempio di fuori da Troia per parlare con Eccuba, madre di Polisena, nel quale tempio Paris l'uccise per vendetta d'Ectore cui ello avea morto. Et dice che con amore al fine combatteo però che lascioe la potenza rationale vincere a la concupiscibile, non si dovea fidare in cotali genti. Di questa Polisena è scripto canto .xxx. Infernii. {DiF: Inf. XXX, 17.}

 

12. Anonimo Selmiano (1337[?]).

Achille fu greco, il più forte che fosse tra Greci, e per la sua virtù s'ebbe Troia. Questi s'innamorò di Pulisena, figlia del re Priamo di Troia, e per suo amore fu morto.

12. Pietro Alighieri (3) (1359-64), Inferno 5.37-66

Hiis expeditis, veniamus ad secundam partem huius capituli in qua incipit auctor tractare de septem principalibus peccatis incontinentie et de animabus propter illa dampnatis in Inferno, et primo de peccato luxurie carnalis, hic dicere incohat fingendo in isto circulo secundo Inferni puniri in tali vento tempestuoso illorum animas qui in hoc mundo rationem, ut dicitur hic in textu, submiserunt libidinoso appetitui, unde Augustinus: Luxuria tota nostra ratio absorbetur {Decr. Grat. II C. XIX q. iv 5}, et Ad Corinthios super vio capitulo dicit Glosa de talibus qui fornicantur et corpore suo peccant: In hoc peccato, inquit, est anima sub corpore; nam in fornicationis opere sicut totus homo absorbetur a carne ut iam dici non possit ipse animus suus esse, sed simul totus homo dici possit caro, qua submissio rationis fit in quolibet coitu preterquam in coitu uxorio secundum canones, fingendo auctor se ibi invenire in dicta pena inter alia animas animam regine Semiramidis, uxor Nini olim regis Babylonie, que, mortuo dicto suo viro, ita accensa fuit in libidine quod cum Ninia suo filio iacere proposuisset, et statuit unicuique esset licitum quod sibi placeret in libidine et delectaret, ut dicit hic auctor, ad quod Orosius sic ait: Semiramis libidine ardens ut fas sibi esset cum quibuscumque fornicari fecit {Oros., Hist. Pag. I iv} ut ait Ovidius dicens: Iuppiter esse pium statuit, quodcumque iuvaret, / et fas esse fecit fratre marita soror {Ov., Her. IV 133-4}, item animam Didonis que se amore Enee interfecit secundum fictionem Virgilii ab ea recedentis, et cum ergo iam iacuerat et sic rupit fidem iuratam per eam castitatis super urnam cineris Sichei sui viri occisi a Pigmaleone, fratre ipsius Didonis, ad quod sic ait Virgilius in iiiio in persona dicte Didonis: Non licuit talami experte sine crimine vita / degere more fere talis nec tangere causas; / non servata fides cineri promissa Sichei {Verg., Aen. IV 550-2}. Yeronimus vero scribens ad Iovinianum dicit dictam Didonem pudicam in viduitate mansisse et se occidisse propter Iarbam regem Musitanorum volentem ipsam in uxorem per vim {Hier., Adv. Iovinian. I 43}; item animam Cleopatre filie Lagi regis Egypti diu olim fornicantis cum Cesare; item Elene, uxoris regis Menelai, quo dimisso fornicata est cum Paride filio Priami, ex quo dictus eius vir cum aliis Grecis decem annis et sex mensibus obsiderunt Troiam, et hoc est quod tangit hic auctor de tanto tempore malo revoluto per eam; item umbram Achillis Pelei, qui in fine cum amore dimicavit, ut dicit in textu, vult auctor in hoc tangere quod legitur de ipso Achille, scilicet quod, mortuo Hectore occiso per ipsum Achillem, Greci cum Troianis treuguam fecerunt adeo firmam quod Troiani in castra Grecorum et Greci in Troiam ibant, modo accidit in tali tempore quod, dum Ecuba uxor Priami, et mater dicti Hectoris cum Polisena sua filia et cum aliis dominabus Troianis exisset extra Troiam ad exequias annuas faciendas dicti Hectoris, phylocaptus adeo dictus Achilles est de dicta Polisena, quod eam petiit in uxorem, quod dicta Ecuba sibi facere promisit si faceret quod exercitus Grecorum inde recederet, quod facere non valens dictus Achilles, cum sua gente de dictu exercitu recessit indignatus, nichilominus dicta Ecuba, memor mortis Hectoris, dicti filii sui, et in eius vindictam cum tractatu Paridis sui filii, ordinavit quod dictus Achilles una die veniret ad quoddam templum Apollinis positum iuxta Troiam ad complendum dictum coniugium, qui Achilles venit ad dictum templum, et ingressus templum predictum insultatus fuit insidiose a dicto Paride et a multis aliis Troianis, qui Achilles cum eis preliando, non valens eis resistere, reduxit se ad statuam dicti Apollinis ubi sagipta mortuus est a Paride predicto, unde Virgilius in vio, in persona Enee alloquentis ipsum Apollinem, de hoc ait: Phebe, graves Troie semper miserate labores, / Dardana qui Paridis derexti tela manusque / corpus in Eacidem etc. {Verg., Aen. VI 56-8}.

 

13. Benvenuto da Imola (1375-80).

Helena. Hic autor nominat aliam reginam omnium famosissimam, scilicet Helenam, quam autor describit a memorabili clade, cuius ipsa fuit causa. Ista fuit simpliciter amorosa sine virtute magna. Fuit enim Helena famosissima mulierum, cuius pulcritudinem, ut de ceteris taceam, mirabiliter extollit Homerus. Ipsa ob sui pulcritudinem mirabilem rapta fuit a Theseo illustrissimo duce Athenarum, cum esset puella, sed statim recuperata fuit a fratribus suis, de quo dicit Ovidius: A juvene et cupido credatur reddita virgo. Secundo, fuit rapta a Paride, licet culpa sua, ex quo natum est tam diuturnum et tam atrox bellum. Unde dicit: per cui tanto reo tempo si volse; nam per decennium duravit obsidio Graecorum contra Trojam cum maxima jactura utriusque partis, quae non minus afflixit obsessores quam obsessos; de quibus obsessis ait Virgilius: Non anni domuere decem, non mille carinae. Et de obsessoribus dicit indignanter Ovidius: Quid petitur tanto nisi turpis adultera bello? Et tamen ista serpens venenosissima et fax ardentissima fuit reddita incolumis viro suo Menelao, et ipse cum perpetua ignominia receptavit eam. E vidi. Hic autor, nominatis primo mulieribus, in quibus magis viget luxuria, nunc nominat aliquot viros, et primo virum fortissimum Grecorum, scilicet Achillem, quem autor describit ab interitu suo, quia mortuus est propter amorem. Iste enim stupravit Deydamiam, rapuit Briseidem, et ultimo captus amore Polissenae filiae Priami, fuit sagittatus a Paride furtive; et sic vide qualiter vir invictissimus Achilles periit percussus telis amoris, quia Paris fuit summe amorosus, ut statim dicetur. Ideo bene fingit Homerus, quod Achilles erat totus invulnerabilis praeter plantas pedum, quia scilicet non poterat superari nisi per viam amoris; nam pes hominis est amor eius, et sic cessat objectio quare autor non nominaverit supra Achillem inter viros illustres, quia Achilles viscatus vicio luxuriae mortuus est turpiter; Hector vero pugnans pro patria mortuus est laudabiliter in praelio. De Achille dicetur alibi sepe, et specialiter Purgatorii capitulo IX. Dicunt etiam aliqui quod Achilles amavit Patroclum inhoneste, quod est falsum, quia tunc poneretur alibi, ubi punitur luxuria innaturalis inter flammas. Ergo bene dicit autor: e vidi il grande Achille che con Amor al fine combatteo, quia usque ad mortem pugnavit amoratus, et etiam aliquando cessavit bellare amore Briseidis iratus contra Agamemnonem, qui eripuerat eam sibi.

 

14. Francesco da Buti (1385-95).

….vedi il grande Achille, Che con amore al fine combatteo. Dice ancora Virgilio a Dante: Vedi ancora tra questi il grande Achille che combatteo al fine; cioè all'ultima di sua vita, con amore; cioè innamorato: e dice il grande a differenzia delli altri che ve n'erano assai chiamati Achille; ma questi era il grande a rispetto dalli altri. Questo Achille fu re di Larissa di Grecia, sanza il quale non si sarebbe potuto vincere Troia come dicevano li oracoli delli Idii; onde Ulisse e Diomede furono mandati a cercarlo, perchè il padre Peleo, e Teti sua madre, l'aveano nascoso nell'isola chiamata Schiro del re Licomede, et a lui l'aveano raccomandato, perchè sapeano che s'elli andasse a Troia, dovea esservi morto. E perchè non fosse saputo, l'aveano celato sotto veste di femmina, et a re Licomede dierono a intendere che fosse femmina, sicch'elli lo tenea tra le sue figliuole tra le quali era una che si chiamava Deidamia della quale s'innamorò: e trovato ch'ebbono per sottil modo, come dice Stazio nell'Achilleide, lo menarono a Troia; e perch'elli era gagliardissimo, molti Troiani uccise, tra' quali uccise Ettor e Troiolo figliuoli del re Priamo. E perchè nella morte d'Ettor si fe tregua, et Achille andò a vedere l'esequie che si faceano d'Ettor, vedendo Polissena sirocchia d'Ettor, la quale era bellissima, s'innamorò di lei e fecela domandare al re Priamo, e promise di non combattere più contra li Troiani, se gliela dessono per moglie. Ma essendo un di' molti de' suoi morti, non lo attenne et andò a combattere, et allora uccise Troiolo. Onde la reina Ecuba madre d'Ettor e di Troiolo, sempre cercò la morte d'Achille; onde un di' li mandò a dire che venesse a parlamentare col re Priamo nel tempio d'Appolline, per accordarsi con lui del matrimonio di Polissena, che liela voleano dare per moglie. Et allora vi venne accompagnato con alquanti de' suoi, e Paris allora si pose in aguato, e saettollo et ucciselo. Vedi Paris. Continua ancora Virgilio con Dante e dice: Vedi ancora con quelli Paris. Questi fu figliuolo del re Priamo, del quale è detto di sopra, che rapì Elena, e dopo la morte d'Achille fu morto in una battaglia, e poi si perdette Troia, che mentre che vivette, la difese bene; e perchè rapì Elena, però Virgilio lo nomina fra li altri. Tristano. Ancora continua Virgilio a Dante, e dice: Vedi ancora Tristano. Questo Tristano fu nipote del re Marco di Cornovaglia, et innamorossi della reina Isotta moglie del re Marco, onde il re Marco l'uccise, trovatolo un di' in camera con la reina Isotta, e con quella medesima sua lancia ch'avea lasciata fuori mettendola per uno buco ch'era all'uscio; sì che lo ferì e della detta ferita in fine morie, benchè ne vivesse alcun tempo, e la reina Isotta morì sopra di lui, secondo che dice la storia della Tavola Ritonda, e però Virgilio lo nomina con li altri. e più di mille Ombre mostrommi, e nominolle, a dito, Che amor di nostra vita dipartille. Qui finisce il parlar di Virgilio, e parla l'autore e dice: Virgilio mi disse, come detto ò di sopra, e mostrommi a dito; cioè additando ognuna, e nominommi, così parlando, più di mille ombre ch'erano partite di nostra vita per cagione d'amore; e però dice ch'amore dipartille; cioè partì loro di nostra vita; cioè di questo mondo dove noi viviamo. E qui non à alcuna allegoria.

 

15. Anonimo Fiorentino (1400[?]).

Elena vidi: Tindaro re di Sparta, di Leda sua moglie ebbe quattro figliuoli, due maschi e due femine: i maschi l'uno ebbe nome Castore et l'altro Polluce; le femine Elena et Clitennestra. È vero che i poeti, fingendo, dicono che Giove inamorò di Leda; et non possendo per altro modo recarla a fare il volere suo, prese forma d'uno cigno, et andò dinanzi a Leda bianchissimo e bello quanto potea, et cantava sì dolcemente che Leda, invaghita del canto et della sua bellezza, il trasse a sè et menollo nelle sue camere. Jove, essendo dove egli volea, et coll'alie aperte et col petto soprastette a Leda; et di quello giacimento concepette et partorì due uova: dell'uno nacque Castore et Polluce, dell'altro Elena et Clitennestra. La verità fu che Jove re di Creti, innamorò di Leda; et sforzandosi di piacerle, cantava dolcissimamente dinanzi a lei et adornavasi di puliti et belli vestimenti, di che Leda, tratta per la dolcezza del canto et per l'ornamento che 'l rendea più grazioso, fece il volere suo. Dicono adunque che diventò cigno, ciò è cantante bene come il cigno, però che 'l cigno canta dolcemente l'anno ch'elli dee morire. Così gli amanti cantono et fanno versi et parole accostanti alla morte, quanto possono lamentevoli, per muovere la cosa amata. Le due uova dicono perchè sono conforme alla favola, però che il cigno genera uova come gli altri uccelli. Nata adunque Elena, et essendo bellissima donna, et essendo la fama della sua bellezza grande, mosse Teseo figliuolo d'Egeo. Di Tessaglia venuto in Sparta, trovolla con altre vergini giucare al giuoco della palestra. Il giuoco si facea che, fatto uno cerchio di pali, dentro v'entravono gli uomini vestiti d'uno cuojo assettato alle carni quanto poteano, et chiusi in questo cuojo, scoperto gli occhi et la bocca, ugneano tutto il cuojo di fuori o di sevo o d'olio, et faceano alle braccia: et perchè il cuojo era unto et sdrucciolente era malagevole cacciare l'uno l'altro a terra. Conosciuta Elena Teseo fra l'altre vergini che stavono a vedere, la prese, et menollane in Tessaglia. Ora, perchè era ancora picciola, dicesi che non usò con lei, pure violò la sua virginità, però che le tolse alcuno bascio. Ito poi Teseo per altri suoi fatti, Castore e Polluce la raddimandorono a Eletra madre di Teseo: ella la rendè loro; maritorolla al re Menelao, et Clitennestra a Agamenon suo fratello. In questo tempo il re Priamo di Troja mandò Paris con XX navi, accompagnato da Enea et d'orrevole compagnia, in Grecia, a ridimandare Ensionna sirochia di Priamo, tolta nella prima struzione di Troja da Talamone. Et fu in Grecia Paris ricevuto onorevolmente dal re Menelao, però che non gli piacea che Ensionna fosse tenuta. Paris in casa il re invaghì d'Elena. Il re in quel mezo andò in Creti con Periteo suo compagno, a dividere certo tesoro con Agamenon, che fu del loro padre. Paris, dopo lettere mandate a Elena, di concordia la prese, et menollane con quelle navi in Troja; et ivi sua moglie stette venti anni. Et avendo Paris morto Achille, et Pirro per vendetta morto Paris, Elena si maritò a Deifobo; et presa Troja et disfatta pe' Greci, il re Menelao riprese Elena et perdonolli; però che si diè a credere che Paris l'avesse presa per forza, però che Elena, ita a uno tempio (ch'era usanza di stare la notte le donne nel tempio a orare et gli uomini di fuori, et infino al tempo de' Cristiani fu questa usanza, infino a tanto che, per molti mali che vi si faceono, la chiesa levò questo uso, et permutossi questo bene ne' digiuni; et ancora è rimaso il nome et non l'effetto, chè i dì dinanzi alle feste si chiamono vigilie dal vegghiare delle notti), Paris la trasse di quello tempio et menollane.

Anonimo Fiorentino (1400[?]), Inferno 5.65-66

Et vidi il grande Achille: Stazio chiama Achille magnanimo, et quindi l'Autore. Peleo re d'i Mirmidoni ebbe di Tetis sua moglie, dea del mare, uno figliuolo nome Achille. Tetis, però ch'era sirochia di Chirone Centauro, mandò Achille allevare a lui, acciò ch'egli venisse sperto delle virtù del zio. Fue questo Chirone, secondo i poeti, mezzo uomo et mezzo cavallo: la verità fu che Chirone era grandissimo medico, et massimamente in cognoscere le malizie et le bontà de' cavalli; et perch'egli ne fu così grande maestro, dissono ch'egli fu mezzo cavallo, quasi d'una natura del cavallo. Chirone amaestrò Achille in molte cose, in astrologia et in altre scienzie; et perch'egli divenisse destro, gli fece apparare a trarre coll'arco, et andare cacciando et saettando alle fiere; et acciò ch'egli mangiasse cibo che gli dessi nodrimento et nol gravasse, dicesi ch'egli il facea vivere solo delle midolla dell'ossa delle fiere; et d'indi fu detto Achille, idest sine cibo. Et Tetis, veggendo per sua arte che Achille dovea morire a Troja, dormendo un giorno Achille nel tempio, il prese nelle braccia et portollo a Schiro al re Licomedes, vestito a guisa di femina (però ch'era giovane senza barba), et diello a compagnia fra certe vergini, fra le quali era Deidamia figliuola di Licomedes. Ebbe Achille a fare con Deidamia, et ebbene uno figliuolo nome Pirro. Avenne che i Greci, avuto responso d'Apollo che Troja mai non si piglierebbe, se Achille non vi venisse, fu mandato Ulisse, sagace uomo, a cercare di lui. Ulisse, come ch'egli lo spiasse, ito a Licomedes in guisa di mercatante, portò giojelli feminili, arco ed altri arnesi da uomo, pensando che le femine togliessono cose feminili, et Achille da uomini: et com'egli pensò venne fatto. Conosciuto Achille come nelle sue mani stava la vittoria de' Greci, di suo volere il menò nell'oste. Achille co' suoi Mirmidoni che 'l seguirono, prese assai terre de' Trojani, et fra l'altre due vergini, che l'una diede a Agamenon et l'altra volse per sè. Venne in quello tempo una grande pestilenzia nell'oste de' Greci; di che mandorono ad Apollo: et egli rispose che mai la pestilenzia non resterebbe infino a tanto che la figliuola del sacerdote del suo tempio non si rendesse. Teneala Agamenon, il quale, temendo il pericolo, la rendè al sacerdote suo padre, et tolse Griseida d'Achille. Achille, sdegnato di ciò, non s'armava, onde Ulisse fu mandato a riconciliare Achille et professergli di rendergli Griseida. Achille per questo priego non rimosse dallo sdegno; ma pure consentì che Patroclo, suo caro amico et compagno, s'armasse colle sue armi, et in su il suo carro; et così andò alla battaglia. Ettor, veggendolo, et credendo ch'elli fosse Achille, venne verso lui et leggiermente l'uccise; et armato delle sue armi tornò in Troja. Achille, sdegnato per questo, prese l'arme; et doppo molte battaglie uccise Ettor, et 12 dì il tenne senza sepoltura: et poi, per prieghi et doni di Priamo, il rendè; et altra volta uccise Trojolo: di che Ecuba, veggendo Achille essere la morte de' suoi figliuoli, et accortasi al tempo delle triegue ch'egli era innamorato di Polissena, gli fe profferire ch'ella gliel darebbe per moglie, et egli non s'armassi contra a Trojani: onde Achille contento, fu fermo il patto fra loro. Poi, temendo Ecuba ch'egli non l'attenessi, mandogli a dire maliziamente ch'egli venisse a vedere Polissena; di che Achille venne, come gli fu detto, al tempio d'Apollo Timbreo, ch'era presso alle mura di Troja. (Era chiamato Timbreo, però che intorno a quello era molta erba chiamata timbre: noi la chiamiamo tignamica); di che Paris, essendo nascoso et occulto, di consiglio d'Ecuba, giunto Achille nel tempio, il saettò et fedillo nel calcagno; però che Tetis sua madre nella sua infanzia l'aveva preso per lo calcagno et attuffato nell'onde di Stige: et però che le Dee non debbono essere tocche dalle cose infernali, avendo Tetis presolo per lo calcagno, non toccò l'acqua con le mani, nè Achille col calcagno; di che, per la virtù di quest'acqua, non potea Achille essere ferito in alcuno luogo, altro che nel calcagno. La fizione della favola si chiarisce in questo modo. Stige è interpetrato tristizia: fu attuffato in quello per la madre per le cose celestiali amaestrato in esercitarsi et in guardarsi cautamente; et questo non si può fare senza assai pensieri che dànno altrui tristizia. Achille era savio e cauto in ogni sua operazione; ma lasciavasi vincere et ingannare alla lussuria. Et questo si figura per lo calcagno, però che nel calcagno ha certe vene che rispondono al filo delle reni, onde procede l'atto della lussuria. Che con amore alfine combatteo: ciò è per amore; et pone qui di licenzia poetica la conjunzione per la proposizione.

 

16. Guiniforto delli Bargigi (1440).

Dopo di essa {Dido} nomina Cleopatra, sorella e moglie di quel Ptolommeo re di Egitto, il quale fece uccider Pompeo. Questa Cleopatra fu molto famosa in lussuria. Ella si trovò con Cesare, quando venne in Egitto dappoi la morte di Pompeo; trovossi eziandio con Marc'Antonio dappoi la morte di Cesare e lussuriosamente lo tolse per marito nel tempo ch'egli andò in Egitto per resistere ad Ottaviano; finalmente vinto da Ottaviano, e morto Marc'Antonio, non essendo valse le di lei lusinghe meretricie a sovvertire la mente di Ottaviano, ma essendo da lui disprezzata, ella, per disdegno e dolore, si mise due serpenti aspidi alle mammelle, dai quali venenata, fece fine alla sua vita. Nomina poi Virgilio Elena, donna bellissima, moglie di Menelao re di Micene; essendo questa Elena rapita da Paris figlio del re Priamo, e condotta in Troia, venne Menelao con la possanza de' Greci, e con suo proprio gran danno stette dieci anni in assedio circa la detta Troia, e finalmente la distrusse. Però dice quì Virgilio: o tu, Dante, vedi Elena, per cui, per la quale si volse tanto reo tempo, intendiamo reo non solamente per i Troiani, ma eziandio per i Greci. Nomina poi Achille, fortissimo cavaliere sopra tutti gli altri Greci che andaron all'assedio di Troia. Questo Achille, non come valoroso cavaliere per fortemente combattere, ma come non in tutto prudente, fu morto per innamoramento. Leggesi, che avendo già egli ucciso Ettore figliuolo del re Priamo, ed essendo fatta tregua tra Troiani e Greci per cagione di far le esequie al corpo di Ettore, Achille vide Polissena sorella di Ettore, bellissima vergine; onde preso incontinente da suo amore, fecela dimandare per moglie, promettendo egli di non combattere più contra i Troiani. Pure, stando in pendente ancora questo fatto, venne caso, che Achille andò alla battaglia ed uccise Troiolo. Per la qual cosa indignata Ecuba regina, madre del detto Troiolo, deliberò di far uccidere Achille in qual si volesse modo; mandò adunque a dimandarlo, che venisse a parlamento con Priamo nel tempio d'Apolline, per concludere il matrimonio di Polissena, dove senza più pensare venendo esso, fu saggittato a morte da Paris il quale si era posto in insidie, e questo significa Virgilio nel testo: o Dante, vedi il grande Achille, che al fine cioè nell'ultimo tempo di sua vita combatteo, non con altri cavalieri Troiani, ma con amore, per lo quale fu ucciso insidiosamente.

 

17. Cristoforo Landino (1481).

Helena fu figliuola di Leda moglie di Tindaro re di Lacedemonia. Dicono e poeti che Giove innamorato di lei si trasformò in cigno, i. cecero, uccello candidissimo, et chosì con lei giacendo nacquono due huova, et dell'uno nacque Polluce et Castore, et dell'altro Helena, la quale venuta all'età matura si maritò a Menelao. Ne' medesimi tempi era Paris, figluolo del re Priamo, reputato giusto giudice. Il perchè tre idie, Iunone, Minerva, et Venere, contentendo chi di loro avanzassi l'altre di belleza, rimessono in lui tanta lite. Acceptò l'arbitrato Paris, ma giudicò non sanza corruptela. Imperochè prepose Venere, perchè epsa gli promisse fargli havere Helena bellissima di tutte le donne. Sotto la quale speranza navigò in Grecia, et rapì Helena. Benchè alquanti dicono che non la rapì, ma epsa di sua volontà lo seguì, et vennene in Troia. Questa ingiuria commosse e Greci a condurre l'exercito in Troia, et dopo dieci anni vinsono la città, arsonla, et sacheggioronla, et Menelao ricuperò Helena. Benchè Herodoto scriva che Helena non venne mai in Troia, ma che Paris per fortuna scorse in Egypto, et quivi dal re nominato Proteo gli fu tolta, et servata tanto che Menelao dopo l'excidio troiano andò per lei. Dione Chrysostomo tutta questa historia perverte. Ma non si può in tanta moltitudine di chose tractare di ciaschuna a pieno; per chui tanto reo tempo si volse: fioriva Grecia; erono incredibili le riccheze de' Troiani innanzi che Helena fussi rapita. Ma per lei poi s'armò tutta la Grecia per ricuperalla, et tutta l'Asia per difender Troia. Onde seguirono uccisioni d'infiniti huomini. Perirono excellentissimi principi. Nacquonne incendii, prede, rapine, distructioni di molte città. Onde el Petrarcha: “et funne el mondo sobtosopra volto”. Acchille: l'origine di chostui è da Giove, imperochè di Giove et d'Egina nacque Eaco, et d'Eaco Pelleo, et Pelleo di Thetis dia marina generò Acchille, el quale la madre tuffò tutto nella palude Styge excepto che 'l calcagno pel quale epsa lo tenea. Onde dicono che non potea esser ferito se non nel calcagno. Fu nutrito nel monte Pelio da Chyrone centauro. Nè mai in quel tempo mangiò cibo cocto. Il perchè fu nominato Achille, perchè in greco “a” significa senza, et “chilos” cibo cocto. Imparò da Chyrone astrologia, musica, et medicina. Dipoi non volendo Thetis che fussi menato alla guerra troiana, lo portò adormentato nell'isola di Scyro a Lycomede re, et chon le sue figluole stava in veste feminile, in forma che non si conoscea per maschio. Et pure in quel tempo di Deydamia figluola di Lycomede di lui generò Pyrrho. Demum conosciuto per l'astutia d'Ulixe fu constrecto andare a Troia, dove secondo Homero dimostrò incredibil forteza. Nè mai vinxono e Troiani quando Achille era alla battaglia, ma mentre che irato chon Agamemnone, perchè gl'havea tolto Briseida, non voleva combactere, Patroclo vestito delle sue armi andò contro a Hectorre, et da lui fu morto. Ma Thetis gli fe' fabricare nuove armi a Vulcano, con le quali uccise Hectorre et vendicò Patroclo. Benchè Dyone Chrysostomo narri l'opposito, et pruovi che Hectorre uccise lui. Ma seguitando Homero, Achille uccise Hectorre et Troiolo; dipoi innamorato di Polyxena figluola di Priamo, per haverla venne in conloquio chon Heccuba sua madre nel tempio d'Apolline Tymbreo, et inginocchiato per honorare Apolline, fu ferito di strale nel calcagno da Paris, el quale per questo fare l'aspectava posto in aguato, et chosì morì. Onde dixe el poeta che chon amore alfin combacteo.

 

18. Alessandro Vellutello (1544).

E Vidi il grande Achille. Achille figliuolo di Peleo & di Thetis Dea, secondo esso Homero, si rendè lussuriosso & lascivo prima per haver conosciuto Deidamia figliuola di Licomede, la qual di lui generò Pirro. Poi condotto per opera d'Ulisse a Troia nell'esercito de' Greci, s'innamorò & possedè l'amore di Briseida, figliuola di Briseo sacerdote, la qual essendogli tolta d'Agamenon, soffrì, per grave sdegno, star più tempo senza volersi armare, & che i Greci fussero mal menati da' Troiani. Ultimamente s'innamorò di Polissena figliuola di Priamo, & trattando con Ecuba, madre di lei, di volerla sposare, si condusse per questo nella Città, ove fu da Paris a tradimento ucciso. Onde'l Poeta dice che al fine combattè con amore.

 

19. Bernardino Daniello (1547-68).

ACHILLE, figliuolo di Pelleo, & di Theti Dea del mare; fortissimo di tutti i Greci, fu per amor di Polisena in Troia da Paris fratello della fanciulla, à tradimento ucciso, havendoglila la madre promessa per moglie.

 

20. Torquato Tasso (1555-68).

(ed. Rosini) ... il grande Achille Che con amore al fine combatteo. Così nella morte d'Achille come in quella d'Ulisse non segue Omero. Qui allude all'opinione di Polissena. [Giolito]

 

21. Lodovico Castelvetro (1570).

Per cui tanto reo Tempo si volse. Dieci anni, che per lei durò la guerra troiana. Il grande Achille, Che con amore alfine combatteo. Questo è il sentimento: Achille lungo tempo aveva combattuto con Marte, cioè era stato soldato di Marte, ed alla fine fu soldato d'Amore e combattè con Amore, significando CON in questo luogo compagnia e non contrasto. E tanto è come se si dicesse: Achille si diede a seguire amore ed a lasciare da parte la guerra, inamoratosi di Polissena.

 

22. Baldassare Lombardi (1791-92).

Con amore al fine combatteo. O allude all'amor a Briseide portato, per cui si ritirò da combattere: o all'amore portato a Polissena sorella di Paride, da cui fu, nell'atto di sposarla, a tradimento ucciso: e non all'amore di Deidamia, come vuole il Vellutello, che c'infrasca ancor questo: che ciò fu la prima prodezza di questo eroe, quando era in abito femminile: o pure, che combattè alla fine con amore opprimendo i Troiani, per vendicare l'amato Patroclo ucciso da Ettore. Venturi. Egli però così parla del Vellutello perchè non capisce l'obbligo che il Vellutello adempie, ed esso omette, d'insieme istruirci della cagione, per cui Dante ponga Achille tra i lussuriosi. Achille [ecco la chiosa del Vellutello] si rende lussurioso e lascivo; prima per aver conosciuto Deidamia figliuola di Licomede, la quale di lui generò Pirro [chi non vede quanto a dimostrar Achille lussurioso vi stia bene, anzi di necessità, infrascata questa prima di lui prodezza?]; poi condotto per opera d'Ulisse a Troia nell'esercito de' Greci, s'innamorò e possedè l'amore di Briseida, figliuola di Brisseo sacerdote, la qual essendogli tolta da Agamenone, soffrì, per grave sdegno, star più tempo senza volersi armare, e che i Greci fossero mal menati da' Troiani. Ultimamente s'innamorò di Polissena figliuola di Priamo, e trattando con Ecuba madre di lei di volerla sposare, si condusse per questo nella città, ove fu da Paris a tradimento ucciso; onde il Poeta dice, che al fine combattè con amore .

 

23. Luigi Portirelli (1804-05).

Elena, moglie di Menelao, che fu rapita dal Trojano Paride, o come altri vogliono, che seguì Paride di sua propria volontà; il qual sentimento sembra pur quello di Dante, che la mette tra i lussuriosi. Avendo Elena col suo adulterio cagionata la guerra in cui morì Tlepolemo, da Polisso moglie di questo fu fatta strozzare. Achille, figliulo di Peleo e di Teti, che s'innamorò di Deidamia poi di Briscida, finalmente di Polissena, sorella di Paride, dal quale nell'atto di sposarla fu a tradimento ucciso.

 

24. Gabriele Rossetti (1826-27).

Volgersi tempo è bella nostra espressione, che ricorda essere il tempo misurato dal corso del Sole, che si volge intorno alla Terra. Achille combattè con cento eroi, e li vinse; volle al fine combatter con Amore, e fu vinto; qui armis vicit a vitiis victus est, Seneca: questa sembra esser l'idea qui accennata; e ricorda forse il fine di quell'eroe, nell'atto che sposava Polissena.

 

25. Gabriele Rossetti (1826-27).

Son col Volpi nel credere che qui Paris sia il conosciuto cavalier errante di tal nome, piuttosto che Paride Trojano: il vederlo congiunto a Tristano, altro famoso cavalier errante, ed un altro cenno che subito siegue, mi confermano in questa idea. Ho spiegato il che dell'ultimo verso per tali che, poichè così vengono meglio determinati coloro che per amore perirono, e si toglie insieme quel nauseoso pleonasmo di mostrommi mille ombre che amore dipartille di vita.

{Nota Aggiunta}: più di mille Ombre mostrommi (e nominolle) a dito: Ho riso di cuore nel vedere che un mitigoloso grammatico il quale si va sempre tormentando la testa per trovare il pelo nell'uovo, si è sforzato a mostrarci che significa nominare a dito; senz'avvedersi che quell'e nominolle è detto per parentesi, che io il primo ho poste: restando così mostrommi a dito, ch'è nostro modo elegante ed usitatissimo.

{Nota Finale}. Tutte le anime in questo canto rammentate perirono a cagione d'una malnutrita passione amorosa. Didone si ancise per Enea; Cleopatra si fè pungere da un aspide, dopo la morte di Antonio; Semiramide, amante incestuosa del figlio, secondo Giustino, ab eodem interfecta est; Elena fu strozzata da Polisso, per vendicare Tlepolemo suo marito, morto sotto Troja, conseguenza di quell'ardor fatale per cui tanto e sì calamitoso tempo si volse; Achille, infido alla sua moglie Deidamia, cessò nell'atto che sposava Polissena; Tristano fu trafitto dal Re Marco, per la di lui segreta corrispondenza con la Regina Isotta; Paride, o Paris, se il Trojano cadde per man di Pirro, meritato effetto del suo colpevole amore per Elena; se il cavaliere errante, per la sua diletta Vienna miseramente finì; amore finalmente condusse ad una morte Francesca e Paolo, uccisi dal ferreo Lanciotto. Nè ciò solo, ma tutte le altre ombre di questo cerchio furono per la stessa cagione tolte di vita, onde il poeta parlando di più di mille altre, che Virgilio gli mostrò a dito, conchiude ch'esse eran tali Che amor di nostra vita dipartille. Or perchè ciò? Chi non morì a cagion di amore, ma fu per esso colpevole, non va dunque all'Inferno? Dirò qual concetto parmi in ciò ravvisare. L'amore che mena a gran rovina suol essere effetto della calda età; nell'età fredda l'uom se ne purga, ed evita l'Inferno. Gli altri vizj d'incontinenza (come la gola che rinforzasi all'avanzar degli anni; come l'avarizia che ringiovanisce nella vecchiaja, al dir d'un ingegnoso oratore; e come l'ira che ci rende più atrabilari ed intolleranti a proporzione che incanutiamo) tutti vanno avanzandosi, se la ragion non li frena: la sola lascivia va mancando, poichè la spegne l'età. Onde se per fortuna accade che l'uomo per tal passione nel vigor suo non pera, suol per lo più ravvedersi, e quindi salvarsi. Perciò in questo cerchio vi sono que' soli sciagurati che per essa corsero ad immaturo fine.

 

25. Luigi Bennassuti (1864-68).

Achille, gran guerriero greco, ma gran donnajuolo. Ebbe sempre liti amorose sino alla fine di sua vita (al fine).

Combatte con Amore o contro Amore, chi è agitato da questo nume; perchè l'Amore ama di far delirare i suoi seguaci. Si rammenti ch'egli si dipinge sempre faretrato; dunque fa guerra agli amanti. Deidamia, Briseide e Polissena furono gl'idoli di Achille. In atto d'impalmar Polissena, fu ucciso da Paride.

 

26. G.A. Scartazzini (1872-82 [2nd ed. 1900]).

Achille: nelle armi invitto fu vinto dall'amore di Polissena, e, nello sposarla, morto.

 

27. Giuseppe Campi (1888-93).

Elena vedi, ecc. Altra regina, più d'ogni altra famosa per bellezza, ma priva d'ogni virtù. Omero ne lodò grandemente la venustà. Fu rapita da Paride, e diede occasione all'atroce e decennale guerra di Troja. BENV. – Il Landino dice: che alquanti scrivono non averla Paride rapita, ma averlo essa seguitato di sua spontanea volontà; circostanza, al dire del Lombardi, per la quale Dante la collocò tra i lussuriosi; circostanza affermata dalla storia De excidio Trojae, attribuita a Darete Frigio, scrittore creduto più antico di Omero. – Var. Il Zani mutò il vidi della vulgata ripetuto altre due volte in questi versi, in vedi, siccome sta nel cod. Cass.; considerato che Virgilio è quello che parla, e che mostra a dito, nominandole, quell'ombre; e cita la chiosa del Bargigi, la quale palesa che vedi fu pure la lettera preferita da questo arguto Spositore. Il Bianchi accettò questa lezione, veduta in parecchi codici, e seguitata dal Buti, e che fa meglio procedere il ragionamento ed evitare un troppo brusco passaggio. E stando alla vulgata potrebbesi a ragione domandare come Dante poteva conoscere de sè personaggi da lui non veduti mai. Il codice della critica approva adunque il vedi in tutti tre i luoghi, ed io l'accetto, trovandolo confortato dai testi del Buti, delle antiche edizioni (F.). (N.), della Ravennate, del Fer., della Pad. 1859, della Fior. 1854, e della Reggiana 1864 del Romani. – E viddi Elèna, il 24; – Helena, (M.). (I.); – per chi tanto reo, il 15; – tanto reo – Tempo si volse, perchè la guerra combattuta da tanti re fu terribile e desolante, tanto per gli assediati, quanto per gli assedianti. BENV. – E vedi il grande Achille. Costui stuprò Deidamia, rapì Briseide, divenne furente d'amore per Polissena, figlia di Priamo. BENV. – Fu figliuolo di Peleo e di Teti, l'eroe d'Omero nella Iliade. VOLPI. – Che per amore ecc. Il Tasso a questo luogo postillò: «Così nella morte di Achille, come in quella di Ulisse non segue Omero. Qui allude all'opinione di Polissena». Altri pensarono che alludesse all'amore portato a Briseide, altri a quello di Polissena, altri all'affetto che lo distrinse per Patroclo; ed il Lombardi pensò che combattere qui non significhi guerreggiare, ma capitar male, perire. Gli Spositori non s'accordano neanco nella lettera, parecchi leggendo con la vulgata Che con amore, ed altri Che per amore. Questa è preferita dal Bianchi, che dichiara: «Che finalmente ritornò in campo contro i Trojani, per amore di Patroclo, statogli ucciso da Ettore»; e dichiara che la lezione comune non porge senso che soddisfaccia. Accetto questa lettera, che veggo confortata da sette de' m. s., dalla Nid. e da (T.B.) e dal Frat.; accetto questa chiosa, avvisandola conforme all'intendimento del Poeta. – Il Frat. ammette anche l'opinione che il Poeta alludesse all'amore d'Achille per Polissena. – Che con amore insieme, il 24; – alfine combattéo, 42. Pad. 1859.

 

28. P. Gioachino Berthier (1892-97).

Vedi. Qui e ne' versi 65-67 vedi è all'imperativo, poichè è sempre Virgilio che parla.

tanto reo tempo, i dieci anni che durò la guerra Trojana.

Achille. Fù figlio di Peleo, diventò eroe famoso nella guerra di Troja provocata dal ratto di Elena che commise Paride; poi s'innamorò di Polissena, sorella dello stesso Paride, e fu ucciso a tradimento, quando stava per celebrare le nozze. Cf. Ovidio, Metam., XIII. Alcuni pensano che qui si alluda all'amore di Achille per Patroclo; ma è impossibile, perchè quell'amore fu onesto, e se non lo fosse stato, sarebbe punito nel settimo cerchio, Canto XV. Achille fu vinto dall'amore di Polissena, sorella di Paride, e morto nello sposarla. Aen., IV.

 

29. Giacomo Poletto (1894)

Elena vedi: se è Virgilio che a Dante fa da additatore (cf. v. 52 e segg.), vedi e non vidi è la vera lezione. Coloro che fanno terminare il discorso di Virgilio col v. 63, e persistono a tener la lezione vidi, come fanno a spiegare i versi 68 e 70, dove il Poeta ridice che fu appunto Virgilio a fargli la recensione di quelle anime? Soprachè, lo stesso modo occorre altrove, Inf., XX, 118-123, per somigliante rassegna di dannati. – Elena, moglie di Menelao, il cui ratto da parte di Paride figliuolo di Priamo fu cagione della guerra troiana: fu poi uccisa da una donna greca per vendetta del marito mortole sotto Troia. Tutti i qui nominati morirono di morte violenta. – Reo tempo, di guerra, con tutte le conseguenti disgrazie. – Il grande Achille: figliuolo di Peleo (Inf., XXXI, 5) e di Teti, da Dante collocata nel Limbo (Purg., XXII, 113). Achille fu dato a educare al centauro Chirone (Inf., XII, 71): scoppiata la guerra de' Greci contra i Troiani, la madre per iscongiurare il destino che a Troia il chiamava, lo tolse da Chirone e portollo alla corte di Licomede nell'isola di Sciro (Purg., IX, 34-40), dove si innamorò di Deidamia figliuola del re. Se non che l'astuto Ulisse lo scoperse (Inf., XXVI, 61), e lo trasse seco a Troia, dove, dopo l'amore per Briseide, egli, invitto nell'armi, fu vinto al fine dall'amor di Polissena figliuola di Priamo (Inf., XXX, 17); ma nel momento che stava inginocchiato dinanzi all'ara per isposarla, Paride, fratello di lei, lo ferì con una freccia nel tallone, unica parte vulnerabile in lui, e l'uccise. Dice la favola, che Peleo ed Achille avevano una lancia, le cui ferite non si guarivano se non con la ruggine raschiata dalla lancia medesima (Inf., XXXI, 4-6). Delle geste di Achille, Stazio aveva posto mano a scrivere un poema epico, che, prevenuto dalla morte, lasciò incompiuto (Purg., XXI, 91). – Il grande Achille: altrove il gran Chirone (Inf., XII, 71).

 

30. Francesco Torraca (1905).

Elena, che il Medio Evo si figurò «bianca più che cigno». – Tanto reo tempo: gli anni dell'assedio di Troia; nè finirono con la caduta di Troia i danni dei Troiani e de' Greci. Darete, Eceidio di Troia, XXVII: «Achille pubblicamente si duole che, per ragione di una sola donna, Elena, si fosse dovuta adunare tutta la Grecia e l'Europa, in tanto tempo tante migliaia d'uomini fossero periti». Reo tempo o rio, cattivo tempo nel senso solito, si scrisse in versi e in prosa. Era spesso ricordato l'uomo selvaggio, che «per lo reo tempo ride», e nel sereno piange.

Francesco Torraca (1905), Inferno 5.66

Con Amore, e fu vinto, e mal gliene incolse – Al fine: da ultimo, oppure: alla fine della sua vita. Combatteo: combattè, anche in prosa. Da un accenno di Darete (XXVII, XXXIV), Benedetto di Sainte More trasse un lunghissimo episodio del suo Romanzo di Troia, nel quale rappresentò Achille innamorato follemente di Polissena figliuola di Priamo; cfr. Inf., XXX, 17. Il Romanzo fu tradotto da Binduccio dello Scelto, contemporaneo di Dante. Ecco un passo di Binduccio: «Amore gli ha mostrato (ad Achille) suo sforzo e suo potere, verso cui nullo si può difendere... Elli si compiange e dice: – Ahi lasso! Che forte disaventura m'è avenuta, ch'io perdo tutto mio pregio per amore? – S'io fui mai savio, or so' fuore di mio senno... Non fu, nè die essere mai uomo che più follemente ami di me». Per quel suo infrenabile amore, Achille si lasciò tirare in un agguato, e vi perde la vita.

 

31. Enrico Mestica (1921-22 [1909]).

Achille, innamoratosi di Polissena, figlia di Priamo, mentre con essa celebrava le nozze, fu ucciso a tradimento da Paride, che lo colpí con un dardo al tallone. Veramente non è chiaro perché Dante abbia messo Achille tra i lussuriosi. Quest'eroe leggendario non ci è rappresentato mai come tale, ma impiger, iracundus, inexorabilis, acer (ORAZIO, Arte Poetica, v. 120); meglio starebbe tra i grandi guerrieri nel Limbo, o forse anche tra quei, «cui vinse l'ira» (C. VII, 116). Che se fu ucciso a tradimento da Paride mentre celebrava le nozze con Polissena, ciò non significa ch'egli finisse propriamente per amore, e tanto meno per lussuria.

Paris: Non credo si debba intendere Paride troiano, rapitore di Elena come a prima giunta potrebbe anche sembrare per i due personaggi innanzi citati (Elena e Achille), con i quali strettamente si collega: ma piuttosto Paris, cavaliere della Tavola rotonda, celebrato nei romanzi d'avventura pei suoi amori con Vienna, al pari di Tristano, altro cavaliere, celebrato pe' suoi amori con la regina Isotta. Io credo che Dante, piuttosto che il vile Paride troiano, abbia voluto qui ricordare le tenere elegie d'amore di questi due cavalieri medioevali, tanto note e gradite ai suoi tempi.

 

32. Tommaso Casini and S.A. Barbi (1921).

Achille: figlio di Peleo e di Teti, famoso eroe greco, che vinto dall'amore di Polissena, sorella di Paride, fu ucciso a tradimento, mentre credeva di celebrare le nozze (cfr. Ovidio, Metam. XIII 448).

 

33. Carlo Steiner (1921).

Elena: il ratto di Elena da parte di Paride fu cagione della lunga e sanguinosa guerra di Troia e indirettamente dei molti guai che seguirono al ritorno degli eroi dalla guerra; per lei, dunque, si volse (la immagine e presa dal volger dei cieli, misuratori del tempo) un lungo e tristo periodo. – grande Achille, ecc.: vincitore di tanti avversari, alfine combatté e fu vinto da amore, e per amore fu ucciso, perché, invaghitosi di Polissena, fu trafitto da Paride, mentre attendeva alle sue nozze. OVIDIO, Met., XIII, 448.

 

34. Isidoro del Lungo (1926).

Coi nomi di due amoreggiatori celebri nei romanzi cavallereschi, Paris (amori di Paris e Vienna, di Tristano e Isotta) e Tristano, si chiude o s'interrompe la serie degli indicati da Virgilio a Dante come peccatori di passione amorosa, e per essa, i più, finiti (v. 69) tragicamente (Semiramide uccisa dal figlio; Didone e Cleopatra suicide; Elena, uccisa da una donna greca; Achille, ucciso a tradimento da Paride). I più: perchè quel Paris non fece tal fine. Se pure non si voglia indicato, invece, il Paride troiano, che fu ucciso da Pirro. Tuttavia Paris, Tristano, così congiunti nel v. 67, e i cavalieri del v. 71, fanno pensare ai romanzi cavallereschi medievali; distintamente dal mondo antico, indicato più specialmente per nomi di donne (le donne antiche). Mi giunse: mi prese, mi colse.

 

35. Carlo Grabher (1934-36).

Elena, ecc. La sposa di Menelao, rapita da Paride, causa della decennale guerra di Troia (tanto reo, cioè triste e luttuoso, tempo per Greci e Troiani). – Achille ecc. Il famoso eroe greco che, innamorato di Polissena, figlia di Priamo, credendo di celebrare le nozze con lei, fu ucciso a tradimento da Paride; onde al fine ebbe per avversario l'amore e per esso fu vinto.

 

36. Ernesto Trucchi (1936).

Elena vedi: altra funesta vittima della passione amorosa, uccisa da una donna greca per vendetta del marito mortole sotto Troia. Achille, dopo esser scampato a tanti pericoli, fu pure vittima d'amore; recatosi ad assistere ai funerali di Ettore, come narra Ovidio (Metamorfosi, XIII, 448), s'invaghì di Polissena e la chiese al padre Priamo, promettendo di non combattere più contro i Troiani; ma, avendo rotto il patto ed ucciso Troilo, fratello di Polissena, Ecuba, la madre, chiamatolo a parlamentare col re, sotto pretesto di trattar del matrimonio, lo fece uccidere da Paride. Sono notizie che Dante traeva dai poemi detti postomerici.

 

37. Luigi Pietrobono (1946 [1924-30]).

il grande Achille: L'eroe del dovere D. lo colloca tra i lussuriosi, perché non conobbe l'Iliade, e ricordò invece quanto di lui racconta Ovidio nelle Metamorfosi e Benedetto di Saint-More nel suo Romanzo di Troia. Questi lo fa follemente innamorato di Polissena, per la quale, tratto in agguato, sarebbe stato ucciso da Paride.

 

38. Attilio Momigliano (1946-51).

Elena, che fu causa della guerra decennale di Troia. Achille: grande guerriero; eppure fu travagliato anche lui da Amore. Allude all'amore per Polissena, figlia di Priamo, da cui fu preso verso la fine della vita.

 

39. Manfredi Porena (1946-48).

Elena: causa della decenne luttuosa guerra di Troia, per la sua fuga con Paride. Achille, che secondo un racconto medievale, dopo aver tanto combattuto con eroi, finì la vita pel suo amore per Polissena figlia di Priamo.

 

40. Natalino Sapegno (1955-57).

Elena: per causa della quale tanto reo tempo si volse, sorse cioè la guerra di Troia, durata cosí a lungo e con tanti lutti. – Achille: di cui si narrava, nelle redazioni medievali della leggenda troiana, che si fosse innamorato follemente di Polissena, figlia di Priamo, e per questo amore si lasciasse trarre in un agguato, dove fu ucciso a tradimento (cfr. anche Ovidio, Metam., XIII, 448).

Natalino Sapegno (1955-57), Inferno 5.69

ch'amor ecc.: che l'amore condusse a morte. Oltre Cleopatra e Didone che si uccisero, Achille e Tristano morti a tradimento rispettivamente da Paride e da re Marco; una notizia contenuta nell'epitome di Giustino afferma che Semiramide fosse uccisa dal figlio di cui s'era innamorata; di Elena narra una leggenda che morisse per mano di una donna greca, che volle cosí vendicare il marito caduto nella guerra troiana; e Paride fu spento da Filottete. Non sappiamo però fino a che punto, e per quali vie, Dante fosse informato di talune almeno delle leggende qui riferite. E forse la sua espressione deve essere intesa in senso generico: “anime, la cui esistenza fu tutta riempita e determinata, e alla fine travolta, dalla passione d'amore”.

 

41. Daniele Mattalia (1960).

si volse: verbo nel poema applicato tipicamente al passare dei mesi o degli anni, del cui corso è misura il «volgere», ruotare, del cielo della Luna, o del Sole. Donde, per ellissi, lune per mesi (Inf., XXXIII, 26) e soli per anni (Inf., VI, 68). Elena chiude la serie delle donne-prototipo, per vario titolo illustri, e tutte di alta condizione sociale. A parte il richiamo (e la conseguente coloritura della materia) alla tradizione aristocratico-cavalleresca, per cui troviamo in scena solo personaggi di alto rango, regine, eroi (Achille) o cavalieri (Tristano), è notabile come in questo canto Dante abbia voluto affidare a personaggi femminili il gran tema dei traviamenti sensuali e passionali, e delle loro più funeste conseguenze: ecco, in Semiramide, la libidine incestuosa e il pervertimento delle leggi; in Didone la pericolosa tentazione a derogare dal proprio dovere subìta ma pur superata da un eroe (Enea) investito di un divino mandato; in Cleopatra la brama di potere sposata alla lussuria e la ribellione alla sacra autorità dell'Impero; in Elena la bellezza disseminatrice di lutti e rovine. Dante, se possiamo inferire dall'invettiva antimuliebre di Purg., VIII, 73-8, riteneva forse la donna costituzionalmente più incline dell'uomo ai sensuali travolgimenti, e non è da escludere che nel sottofondo di questo canto, costellato di volti di donne che sono il contro-tipo della donna stilnovistica e tramato di elementi della più illustre provenienza letteraria, non siano anche, costretti a un singolare connubio, il vecchio e persistente pregiudizio a carico della donna e la varia letteratura antimuliebre che varca il medio evo per arrivare al Rinascimento e oltre. Quattro elementi, comunque, convergono a creare l'ambientazione ideale della «moderna» tragedia di Francesca e Paolo, con cui si chiude il canto: da Virgilio (IV libro dell'Eneide) la configurazione tragica della materia (Amore e Morte); da Ovidio (Amores, Heroides, Ars amandi) il motivo della donna «eroina» e vittima delle amorose battaglie e il procedimento consistente nell'introdurre la donna a narrare i propri amori; dalla poesia provenzale e dalla narrativa brettone l'ambientazione cortigiana e la coloritura aristocratico-cavalleresca della vicenda. Si aggiunga a questo: un richiamo alla dottrina stilnovistica dell'amore fonte di «gentilezza», e alcuni spunti di casistica amatoria di gusto e provenienza ovidiano-«cortese» e scolastico-aristotelici: e si immagini il tutto, per avere un'idea adeguata degli elementi che si fusero o si contaminarono reciprocamente nella ideazione di questo famoso canto, chiuso nel circolo di una severa considerazione etico-religiosa sovrastato a sua volta dal circolo del perennemente fascinoso motivo, classico e medievale-moderno, del «Triumphus Amoris». – grande Achille: figlio di Peleo e della dea Teti, il maggiore tra i guerrieri dell'esercito greco all'assedio di Troia. Grande traduce il «magnus» ritualmente predicato di Achille dai poeti latini (cfr. Virgilio, Egl., IV, 36; Ovidio, Metam., XII, 615 e Ars amandi II, 711; Stazio, Achilleide, I, 19), e dice il prestigio e la fama del personaggio.

che... combattèo: il quale, dopo aver tanto e vittoriosamente combattuto contro gli uomini, innamoratosi di Polissena figlia di Priamo, dovette alla fine combattere con Amore alla cui forza e signoria soggiacque: egli, il già duro, feroce e inesorabile eroe. Agli amorosi travagli di Achille, di cui non è cenno nel poema omerico, accenna ripetutamente Ovidio nei suoi Amores e Remedia Amoris, e da Ovidio questo spunto della leggenda achillea passò e divenne vulgatissimo nelle narrazioni medievali di materia troiana, tra cui il Roman de Troie di Benoit de Sainte-More (cit. Torraca). – al fine: alla fine, e fu, anche, nell'imminenza della sua fine: Achille, infatti, fu ucciso da Paride a tradimento mentre credeva di recarsi al rito nuziale con Polissena. – combattèo: il motivo dell'amore come guerra è ovidiano.

 

42. Siro A. Chimenz (1962).

Elena: moglie di Menelao, rapita da Paride, cagione della lunga e luttuosa (cfr. reo) guerra di Troia, uccisa, secondo una leggenda, da una donna greca che aveva perduto il marito in quella guerra. Achille: l'eroe greco, che, innamoratosi di Polissena, sorella di Paride, fu da questo ucciso a tradimento, mentre si preparava alle nozze. Al fine: dopo aver combattuto vittoriosamente con tanti eroi, fu vinto da Amore.

 

43. Giovanni Fallani (1965)

il grande Achille: figlio di Peleo e della dea Teti, educato dal centauro Chirone (Inf., XII, 71): fu vinto dall'amore di Polissena, figlia di Priamo, e fu ucciso da Paride, che lo colpí con una freccia al tallone.

 

44. Giuseppe Giacalone (1968).

Achille: trasfigurato come un eroe d'amore, secondo i romanzi di Troia diffusi nella civiltà medievale (cfr. Ovidio, Metam. XIII, 448). Nel Romanzo di Troia di Benedetto di Sainte More c'è un lungo episodio, in cui si rappresenta Achille innamorato di Polissena, figlia di Priamo. La traduzione di Binduccio dello Scelto è del 1322.

 

45. Charles S. Singleton (1970-75).

Achille: Achilles, Greek hero of the Trojan War. Dante's allusion to his death refers not to the Homeric story but rather to the accounts of the Trojan War current in the Middle Ages. According to this medieval version of the story, Achilles was killed by treachery in the temple of Apollo Thymbraeus in Thymbra, to which Paris lured him by the promise of a meeting with Polyxena, with whom Achilles was in love (see Dictys Cretensis, Ephemeris belli Troiani IV, 11; and Dares Phrygius, De excidio Troiae XXXIV).

 

46. Umberto Bosco and Giovanni Reggio (1979).

{Nota Bosco}. Quel che precede prepara l'episodio {di Francesca}, che evidentemente occupava la fantasia del poeta sin dal principio del canto. Nella schiera larga e piena {41} dei lussuriosi il poeta distingue una categoria speciale di essi che procedono invece, come gru, in lunga riga {47}. Tra i mille {67} che Virgilio gli indica e nomina, ci sono Didone, Achille, Tristano, suicidi o uccisi per amore; Cleopatra, tratta alla guerra e al suicidio dal suo amore per Antonio o dall'amore di Antonio per lei; Elena, ispiratrice di una passione che fece versare intorno a Troia tanto sangue, e forse, secondo una certa versione del mito, alla fine fu uccisa anche lei da una greca che volle vendicare il marito ucciso a Troia; Paride perito in quella guerra che il suo amore per Elena aveva provocata: Semiramide, che alcuni dicevano uccisa dal figlio da lei incestuosamente amato, e che comunque era per Dante, secondo Orosio che egli segue da vicino, «libidine ardens, sanguinem sitiens». Tutti, dunque, morti per causa diretta o indiretta di passione amorosa: amor di nostra vita dipartille {69}; personaggi in cui amore si spegne nel sangue: noi che tignemmo il mondo di sanguigno {90}, dirà presto Francesca, parlando non solo di sé e di Paolo, ma di tutti i componenti della loro schiera. Distinguendo questi dagli altri lussuriosi, il poeta si prefisse evidentemente uno scopo, e questo non può essere se non mostrare che l'amore carnale, non dominato dalla ragione, prima che a dannazione, conduce a perdizione terrena. La schiera dei sanguinosi amanti è composta di personaggi della tradizione classica, tutti meno l'ultimo nominato: Tristano; il quale costituisce pertanto come un passaggio al prossimo racconto della vicenda di Francesca e Paolo, della quale è per così dire l'antecedente letterario: anch'egli innamoratosi di Isotta, moglie di suo zio re Marco, fu da questo ucciso, e Isotta morì di dolore insieme a lui. Dante chiama donne antiche e cavalieri {71} anche i personaggi classici, secondo l'uso dei romanzi medievali: ma forse anche perché la sua fantasia era piena, mentre scriveva, delle due vicende parallele, di Isotta e di Francesca, vicende ambedue direttamente o indirettamente appartenenti al mondo cavalleresco. Non per nulla la formula medievale donne e cavalieri è ripresa dai poemi cavallereschi, e Dante stesso la ripropone in un contesto (Pg XIV 109) in cui rievoca nostalgicamente quel mondo. Il punto di arrivo, per così dire, del poeta era questo: non solo il vizio di lussuria di Semiramide e di Cleopatra, ma anche l'amore di Didone, cui nel suo poema Virgilio aveva tanto indulto, anche quello esaltato dai romanzi cavallereschi (Tristano e Isotta; e seguirà presto la rievocazione anche della colpevole passione di Lancillotto per Ginevra), e persino l'amore stilnovistico, di cui Paolo e Francesca, come questa dirà, si erano nutriti, possono condurre a perdizione terrena e ultraterrena.

 

47. Emilio Pasquini and Antonio Quaglio (1982).

Elena... volse: la sposa di Menelao (figlia di Zeus e di Leda, rapita dal troiano Paride), per colpa della quale si ebbe (con la decennale guerra di Troia) un periodo cosí a lungo luttuoso. Ignaro delle varie leggende, D. credette, forse male interpretando un passo di Servio, che Elena fosse morta durante la distruzione di Troia, che (vincitore di tanti guerrieri) alla fine combatté con l'amore; e ne fu sconfitto. Nel Roman de Troie di Benoît de Sainte-More (tradotto in volgare già nel Duecento) si narrava come Achille, accecato dalla passione per la figlia di Priamo, Polissena, fosse ucciso a tradimento da Paride.

 

48. Anna Maria Chiavacci Leonardi (1991-1997).

Achille: l'invincibile eroe greco dell'Iliade; di lui si narrava, nella leggenda tramandata da Servio (ad Aen. III 321) e non da Ovidio, come affermano molti commenti – e diffusa dal Roman de Troie, che vinto dall'amore di Polissena, figlia di Priamo, fosse ucciso a tradimento dal fratello di lei Paride.

Anna Maria Chiavacci Leonardi (1991-1997).

che con amore...: che dopo aver sempre combattuto con gli uomini, alla fine dové combattere con l'amore, e vi perse la vita; l'uccisione di Achille per mano di Paride ricordata in questo verso sembra richiamare il nome che subito segue.

– combatteo: combatté; per la desinenza arcaica -eo cfr. nota a IV 144.

 

49. Nicola Fosca (2003-2006).

Il rapimento di Elena, sposa del re greco Menelao, ad opera del troiano Paride diede inizio alla guerra di Troia (decennale: tanto reo tempo) narrata nell'Iliade; secondo una leggenda, ella fu uccisa da Polisso, una donna greca (l'Alighieri non terrebbe dunque conto della versione, attestata già dall'Odissea omerica, per cui Elena fu perdonata dal marito). Il grande Achille fu un eroe greco protagonista della guerra; le fonti di Dante sono, a parte l'Eneide (II.540-43), soprattutto l'Achilleide di Stazio (“magnus Achilles” a I.19), la quarta Ecloga virgiliana (v. 36) e Metam. XII.615. Achille (secondo una leggenda tramandata da Servio, ma che risale almeno ad Ovidio) morì in un agguato, per mano di Paride, mentre andava ad un incontro amoroso con Polissena, figlia del re troiano Priamo. Anche Paride fu ucciso (da Pirro, secondo Boccaccio, da Filottete secondo altra versione). Tristano è il celebre cavaliere della Tavola Rotonda: innamoratosi di Isotta, sposa di Marco, re della Cornovaglia, viene ucciso, avendo violato il vincolo coniugale e il giuramento di fedeltà al re. L'elenco comprende quindi figure famose accomunate, senza cura dei vari contesti storici e culturali, in base a due caratteristiche: l'aristocraticità e la morte violenta (di Semiramide si narrava che fosse stata uccisa dal figlio). – Nota l'epitesi in combatteo.

 

N.B. La collazione dei commenti è stata condotta sulla base del Dartmouth Dante project, che pubblicamente ringraziamo.

 

 

 

Copyright  ©2008-2009 - Cultura e Scuola - info@culturaescuola.it