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Le Altre Iliadi Oltre al racconto insuperabile di Omero, altri testi di straordinario interesse hanno descritto la vicenda di Troia |
Storie deTroia e de Roma A cura di Francesco Chiappinelli |
L'introduzione del Cavallo di Troia in città - Giovanni Battista Tiepolo |
Premessa |
Risale alla prima metà del XII secolo una compilazione latina medievale, anonima, sulle antiche vicende di Troia e Roma, città per così dire madre e figlia, capaci entrambe di costruire un grande impero. Un secolo dopo se ne ebbe una volgarizzazione in dialetto romanesco, che è il più antico documento della nostra lingua di contenuto “storico”, anteriore anche alla Historia Troiana di Guido delle Colonne. Il testo latino, peraltro, probabilmente è anteriore al Roman de Troie di Benoît de Sainte-Maure e presumibilmente siamo di fronte ad una tradizione diversa sugli eventi troiani, risalente magari in maniera più diretta a Darete, che viene riassunto schematicamente senza esser mai citato. L’opera ebbe un certo successo e a parere degli studiosi fu nota a Brunetto Latini che se ne servì nel Trésor. Non escluderei che anche Dante ne avesse avuto conoscenza in occasione del forzato soggiorno a Roma alla corte di Bonifacio VIII: vedi in proposito le pagine conclusive dell’Impius Aeneas, su questo sito.
N.B. Il significato italiano di alcuni termini idiomatici è indicato in parentesi la prima volta che ricorrano nel testo, che qui viene riportato solo per quanto concerne la materia troiana.
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STORIE DE TROIA E DE ROMA |
QUESTE SONNO LE STORIE DE TROIA E DE ROMA |
Ad onore de lo onnipotente Dio et ad utilitate de li omini che questo libro legeraco, (leggeranno) et us[er]annolo de legere, che lo faza sapio. (Dio lo renda saggio) Noi commenzamo da lo primo omo fi (fino) alia citate de Roma como fo fatta. Inprimamente vengamo a le nomina de li regi et a le nomina de li consoli de essa la citate; e le vattalie e le vittorie de diversi genti e de diverse provincie che abero(ci furono), e li fatti de li imperatori, si como in diversi libri trovamo. |
In quello tempo in Grecia foro doi fratri, Eson e Pelias. Pelias non avea filio masculo, ma presore (lat. plusiores, fr. plusieurs=parecchie) filie. Eson avea filio lasone, lo quale era ditto filio de dea Cereris, et avea bona agura (8) ne li sementi de la terra. Pelias, avenno pagura de lasone suo nepote, che era molto sapio et ardito, sotrasselo e gìoli a tradimento como devesse morire. E disse: Filio mio, ne l’isola de Colco ene una ventura de uno pecorone, che hao la lana de auro et ene fatto ad onore de dio lovis. Se tu me la duci, io te donno la midate de lo regno mio; estimanno ca potea morire de la ventura de lo pecorone. lason incontenente recipea (accettava) la ventura de lo pecorone e fece fare una granne nave per esso e per li compangi soi. E menao seco molti nobili omini de Grecia, li quali foro questi: Ercules, Peleus, Telamon, Pilium Nestore et altri assai compangi. Cum lason allitasse (sbarcasse) allo porto de Troia per granne tempestate che abe(ci fu) ne lo mare, fo nunziato a Laumedonte, rege de Troia, ca era una nave venuta ne lo porto de Troia da Grecia. E Laumedot commannao alli soi e disse che ne la cazassero de tutto loro tenimento. |
A lason sa[p]pe troppo rio(fu troppo sgradito) et alli compangi soi, et annaosenne a Colcum insula. Et avenno lo pecorone, retornaosenne in Grecia. Staienno in Grecia, lason et Ercules e li compangi loro racordaro la iniuria che li fece fare Laumedot, rege de Troia. E per tutti li granni de Grecia mannaro lettere e significaoli la iniuria che li fece fare Laumedot, rege de Troia. E così tutti li Greci fecero una granne oste e gero (andarono) sopre Troia. Et in Grecia lassaro questi capitani: Nestore e Pilo, Castore e Polluce. E como nunziato forse (cum nuntiatum esset) a Laumedot, rege de Troia, gessio (uscì) fore de Troia con granne multitudine de cavalieri e gìoli (andò) incontr'ad esso alla vattaglia. Ercules e Telamon se pusero dereto ad uno monte che avea nome Figeus. E la dimane pusero in terra ne lo porto. |
Quanno tulze (tolse, rapì) Pari Elena. |
Ma pertanto Priamo fece parare li navi per Pari e Deifebus, Eneas, Polidasias et altri compangi, e mìserosse (9) ne li navi, et arrivao (10) a Citer insola in Grecia. Et in quella die se celebrava la festa de dea lunone ne lo templo de Diana et Apoline. Elena odìo dicere ca ne lo porto era venuta una molto bella nave de Troia e ne la nave era Pari, filio de Priamo rege de Troia, ca avea odito dicere ca era molto bello omo. E vedenno che non b'era Menelao suo marito, e stava con Pilio Nestore suo cognato, prese compan[g]i e disse ca volea gire alla festa. Et annao nanti allo porto, che gisse (ut iret, per andare) alla festa per vedere la nave e Pari. E Pari, vedenno essa, incontenente fo preso a morte de lo amore de Elena. E la notte esso con li compangi soi descese de la nave e gìo allo castiello dove stava Elena, e preselo per vattalia, e prese Elena e molti altri compangi con essa, e tornao alla nave e prese 'n alto de lo mare. Et Elena stava molto trista ne la nave. E Pari, guardannoli che stava cosi trista, disse: Non avere pagura, ca io te sposaraio per mea molie. Poi, revenne Menelao dove stava Pilio Nestore. Et annàrosenne dove era Agamenon, che regnava in Argia provincia e petìoli (chiese) adiuto ad esso et a tutti l’altri greci. E Pari infra quello tempo ionze a Troia; e Priamo vedenno Elena così bella, fecela sposare a Pari per soa mollie. |
Li adiutatori (alleati) de Priamo. |
Priamus incontenente fece addunare l'oste (l’esercito). E questi foro li principi che bennero 'n aiuto alli Troiani. In prima Darius venne con tutti li soi de Colosonia; Cams venne de Imaco; Nesteus venne de Litia e Sarpedon, che era ditto filio de dio lovis; Ipodacus et Eopersus venne de Tracia; Pirrus e Defricalamus venne de Gia. Et altri presori, de li quali non so chi le nomina (che i nomi) vennero in aiuto alli Troiani. Priamus Ettor fece capitanio, lo secunno Deifebus, lo terzo Pari, lo quarto Troilus, lo quinto Eneas, lo sesto Antenor, lo settimo Anchisam. Da l'altra parte, Agamenon adunao li Greci: Palamedes, Protesilaus et altri presori. Et Agamenon disse: Oi (o)de notte oi de die demo in terra ne lo porto? E Palamedes disse: La notte annemo allo porto e la dimane demo in terra. La dimane primo Protesilaus deo in terra e mise molti Troiani in fuga. Et Ettor occise in quella vattalia Protesilaus. E dove era Ettor li Troiani venceano; e dove era, li Greci perdiano. E durao la vattalia fi a notte. E li Troiani retornaro alla citate. Et Agamenon con tutti li soi deo in terra ne lo porto. |
La quarta vattalia e la quinta. |
L'altra die Acilles e Diomedes fecero la vattalia co li Troiani. Ettor et Eneas li vennero incontra. Ettor occise tutti questi duca: Ereonem, Galamenen, Epistophum, Siticum, Penorem, Seucetum et Poliximium. Acilles occise questi: Eufrenum, Poceum, Filareum et Astreum. Diomedes occise questi: Satipum e Nestorem. Agamenon vide che li Troiani venceano, revocao la vattalia. Li Troiani retornaro leti a Troia. Agamenon adunao lo consilio e disse che no ‘sse disfidassero (disperassero) de la die che devea venire: Ca Troia dee essere destrutta. E commannao che debessero fare granne vattalie: e durao la vattalia continua per xi dii. Agamenon vide che li soi non poteano resistere, mannao Ulixes e Diomedes la notte a Priamo, e fecero triegua per tres annos, avenno consilio co li soi de avere omini e fodero (viveri) pro l’oste. Complito lo termine, Ettor, Eneas, Troylus fecero la vattalia co li Greci. Agamenon, Menelaus, Diomedes et Acilles occursero. (3) E durao la vattalia continua per xxx dies. E Priamus fece triegua per vi mesi co li Greci. Complito lo termine, fecero un'altra vattalia grannissima continua per xxi dii. Agamenon petìo triega, la quale fo conceduta da Priamo. Infra quello tempo Andromaca, molie de Ettor, vide per sonno Ettor morire ne la vattalia. E disse ad Ettor che non gisse alla vattalia. E quello prese la paravola(parola, frase) si como da femina. Andromaca con granne dolore mannao a Priamo che Ettor non annasse alla vattalia. Li Troiani annaro alla vattalia senza Ettor, e li Greci li misero in fuga et assagi (assai) ne occisero. Ma pertanto fecero capitanei questi: Pari, Troylus et Elenus et altri presori. E fecero granne vattalie, e li Troiani perdiero. Et Ettor lo odìo; per nulla razzone nullo omo lo potte tenere de annare alla vattalia. Andromaca prese lo filio Antianasta per li capelli e pùserollo (lo pose) alli pedi de Ettore e levao granne planto de femine, e disse : Occidilo et occidi noi, et annaosenne allo patre de Ettore. Priamus odìo che Ettor era gito alla vattalia, commannao a tutti li Troiani devessero annare alla vattalia. Agamenon, Diomedes, Acilles, Aiax Locrius vennero alla vattali[a]. Là dove era Ettor, essi nulla cosa valeano, e dove era esso li Troiani venceano. Ettor in quella vattalia ocise Idomeum, ferìo Ipitum, occise Leuconem, traforao Stelenum. Acilles vide questi duca occisi e feruti, commensao forte a commattere ne la vattalia. Et Ettor occise Policronem, uno duca forte, e voleali trare le arme. Acilles li soprebenne e fece terribile vattalia con esso. Et Ettor forte ferìo Acilles ne la cossa. E feruto, Acilles fece plus forte vattalia con esso fi che lo occise. Ettor morto, tutti li Troiani fugero, e li Greci li incalsaro fi alle porte de Troia. Menon de Troia se trovao con Acilles et a core et a core (a corpo a corpo) durao la vattalia fi a notte. E la dimane li Troiani plangero Ettor. E li Greci plangero li soi duca che erano uccisi. |
De li Greci e de li Troiani. |
L'altra die Menon fo fatto capitanio de li Troiani. Agamenon adunao lo suo consilio e fece triegua per doi mesi. E Priamo sepelio Ettor poco da longa da la porta de la citate et alla sepultura fece fare iocora de morte (giochi funebri). In quello tempo fo conceduto la corona a Palamedes, la quale cosa sappe molto rio ad Acilles. E complito lo termine, Palamedes commensao lo stormo (scontro) co li Troiani. Incontra li venne Deifebus, bene armato, e li Troiani. Et in quella vattalia Sarpedon de Troia ferìo Acilles e molti duca de' Greci foro feruti. E per molti dii commattèro, e de là e de ca ne foro molti feruti e morti. Priamus fece triegua co li Greci. Palamedes mannao Agamenon e molti altri a Tesalam e Demofontam. Agamenon disse: Volentieri. Parao li navi et addusse le spese all’oste. Palamedes acconzao li navi, de mura e de torri fece intorno all’oste. Li Troiani se acconzaro similiantemente. E poi ne lo anniversario de Ettore, Priamus, Eccuba, Polissena, filia de Priamo con tutti li altri Troiani gero (andarono) allo monumento: ne la quale die Acilles li vene a bedere. Et Acilles, veduta Polissena, fo preso incontenente de amore de Polissena. E la notte Acilles mannao uno suo fedele ad Eccuba, se adesso volea dare Polissena a moglie, esso et altri Greci se ne gìano in Grecia. Eccuba disse: Sì, se place a Priamo. Et avuto consilio insemmori (insieme) dissero: Volentiero, se esso e tutti li Greci se'nne retornano. E cosl fo ditto ad Acilles quello che dissero Priamo et Ecuba. E poi Acilles dava opera e studio como li Greci se'nne retornassero. Incusa (accusa) e dicea male de Palamedes e de tutti li duca de Grecia che tanto tempo pro una femina aco (hanno) commattuto. Ma pertanto Palamedes fece la vattalia co li Troiani. Incontra li venne Deifebus e Lutius Sarpedon, li quali Palamedes li occise in quella vattalia. Acilles non gìo alla vattalia; e Pari trovao Palamedes, occiselo co la saggetta(lat. sagitta, freccia). Morto Palamedes, li Greci fugero e li Troiani ne occisero assai. Et aberanno (avrebbero) arsi li navi, se non forse (fosse) Telamonius Aiax, che defese li navi. E la notte li partìo da la vattalia. Et in quella vattalia non annao Acilles. E li Greci pla[n]sero Palamedes: e li Troiani plansero Deifebum e Litius Sarpedon. E la notte Nestor sollicitao li Greci e fecero imperatore da capo Agamenon. Venuta la die, li Greci ne foro molto lieti. Agamenon la die forte vattalia commensao. In midate de la die venne Troilus et occise molti de li Greci e miseli tutti in fuga. L’altra die Troilus fece granne vattalia e molti duca de Grecia occise. E durao per vii dii continui. Agamenon fece triegua per doi mesi, e sotterrao grannemente Palamedes e mannao tre messai (messaggi, messaggeri, come il lat. nuntius) ad Acilles, e pregatolo che devesse gire alla vattalia. Et esso dice ca non ze gìa a postutto (affatto): Ca per una femina non volio e non devemo tanto commattere, ca io volio pace. E Menelaus disse allo fratre: Fa la vattalia arditamente; e se Acilles non vole commattere, non aiamo nulla pagura, ca li Troiani non abero (hanno) sì forte omo como fo Ettor. E Diomedes et Ulixes dissero ca plus forte omo ene Troilus che Ettor. Ma pertanto Agamenon, Menelaus, Diomedes, Aiax Locrius commensaro la vattalia co li Troiani. Incontra li venne Troilus e li Troiani, e Troilus ferìo Menelaus e molti altri occise e tutti li Greci mise in fuga. La secunna die Troilus fece la vattalia e ferìo Diomedes et Agamenonem; e molti m.(migliaia, lat. milia) de òmini per aliquanti dii de là e de ca foro morti. Agamenon vide che li soi non poteano resistere, fece triegua per vii mesi. Priamus lo dice alli soi; Troilus la non vole. E disse: Se li nostri inimici sonno appriesso vicqui, (=pressoché vinti) non dee omo fare triegua, ma cazzareli de lo [p]orto et ardere li navi loro, se porremo. E Priamus disse a tutti: Che place che fazzamo ? E fo fatta triegua contra voluntate de Troilo. Agamenon fece sepelire li morti e fece medicare Diomedes e Menelaus. E Menelaus e Nestor gero ad Acilles e pregarolo molto che li adiutasse. Acilles li disse ca volea pace. Ma disse ca: Tanto pote durare questo fatto, che te adiutaraio(aiuterò). E poi Troilus fece molte forte vattalie et occise molti de li Greci e miseli in fuga. Et Acilles venne a quella vattalia e Troilus ferìo forte Acilles et Acilles retornao forte feruto allo pavilione (tenda). E durao la vattalia continua per vii dii; e poi fecero triegua. Ma pertanto Acilles disse alli Greci che tutti forsero sopre a Troilus: Et io verraio alla vattalia. E Troilus forte commatteo e ferìo et occise assai de li Greci, e tramazaoli (fecero stramazzare) lo cavallo ne lo stormo et acolzelo(lo tenne impigliato) sotto. Et Acilles li soprebenne et in quella vattalia lo occise: e facealo portare allo pavillione. E li Troiani forte commattenno, fortemente feriero Acilles e tulzero Troilus alli Greci. Et in quella vattalia Menon commatteo con Acilles a cor a cor (a corpo a corpo), et Acilles occise Menon, et Acilles retornao forte feruto allo pavilione. E li Troiani fugero et acclusero le porte, e la notte li partìo: e fecero triegua. E Priamus sotterrao Troilus e Menon. Ma pertanto Eccuba disse a Pari como devessere(dovesse) et occidere e tradire Pari Acilles. E mannao ad Acilles che devesse fare pace, e promiseli dare Polissena a molie. Acilles, molto preso de lo amore de Polissena, disse privato alli soi ca infra iii dii devea retornare allo pavillione. E prese Antilocus per suo companio, filio de Nestore, e gìo allo templo de deo Apolinis che era nanti la porta de Troia, dove era Eccuba e Polissena, e Pari privatamente ne lo templo co li soi armati. Acilles et Antilocus gero sarmati (disarmati) et entraro dentro. Et Acilles, vedenno Pari, lo mantiello se involse [*n] brazo incontenente e co la spada ne occise presori. E Pari occise Antilocus e fece molte ferute ad Acilles, fi che li gessìo(uscì) l’anima. E comannao che le corpora forsero iettate alle bestie. Et Elenus, che stava ne lo templo, renneo le corpora de Acille e de Antiloco a li soi. Agamenon fece triegua e feceli sotterrare onoratamente, et allo sepulcro fece fare iòcora de morte. E le arme de Acille deo ad Aiace, so fratre consobrino. Aiax non volze l’arme e disse che forsero date a Pirro, filio de Acille, che stava in Giro (Sciro) insula, e fobe (fuvvi, vi fu) mannato Menelaus. E complita la triegua, fecero la vattalia. Aiax ve gìo sarmato, e Pari ferìo Aiax et assai ne occise. Aiax se sentio feruto, gìo tanto dereto a Pari fi che lo occise. Et esso forte feruto retornao allo pavillione, e Pari fo reportato occiso in Troia. Agamenon e Diomedes assidiao la citate e fece fortemente le porte guardare de Troia. L'altra die Priamus sepelìo Pari, et Elena con gran planto secutao (seguì) Pari alla fossa. Non ene (è) gran miracula se Elena amao Pari, ca Priamus et Eccuba l’amaro sì como loro filia. Et Agamenon con molte edificia azaccava (acciaccava, feriva) et occidea assai de li Troiani. E Priamus commannao che guardassero forte la citate: E reposeteve, (riposatevi) fi tanto che Pentesilea, regina Amazonum, verrao con gran oste 'n aiuto a noi. Ma pertanto Priamus per aliquanti dii fece granne vattalie con Agamenone e mise in fuga li Greci, et abera (avrebbe) arsi li navi, se non forse Diomedes. E la notte lo partìo da la vattalia. Agamenon retornao allo primo loco dove erano stati fi tanto che vennisse Pirrus, filio de Acille, con Menelao. Lo quale Pirrus, vedenno l’arme de lo patre, gìo e fece granne planto sopre lo monumento de Acille. Ma pertanto la regina Pentesilea venne e commensao la vattalia e mise tutti li Greci in fuga. Ma Pirrus, filio de Acilles, occise molte femine e Pentesilea lo trovao e feriolo forte. E Pirrus, sentennose feruto, non remase de commattere fi che non occise Pentesilea. |
Lo tradimento de Troia. |
Alla storia de Troia retornemo. Morta Pentesilea, li Troiani fugero. E li Greci assidiaro Troia, che intrare ne gessire nullo omo potea. Antenor, Polidamas et Eneas vennero a Priamo e dissero: Che ene da fare ? E Priamus respuse: Che vedete voi che deiamo fare ? Antenor dice: Tutti li toi filii sonno quasi morti e quasi tutti li duca de Troia. E li duca de Grecia molti ne sonno vivi, li quali sonno questi: Agamenon, Menelaus, Diomedes, Aiax Locrius, Nestor e Pirrus, lo quale ene altro sì forte como fo lo patre Acilles. E li Troiani aco (hanno) granne pagura che sonno così reclusi in Troia. A ti damo per consilio che renni Elena e la preda che tulze Pari alli Greci, e fa pace soda con essi. Queste cose ditte, Antimacus fortissimo, lo menore filio de Priamo, disse molte paravole iniuriose ad Antenorem. E disse: Gessamo tutti fore co l’oste; vòi cazzemo li Greci, e vòi moramo tutti. Eneas se levao e disse con umile paravole ad Antimacum: Da’ opera e studio che fazzamo pace co li Greci. Priamus disse molta vergonia ad Antenorem et ad Eneam. Et Antenor racordao como gìo in Grecia e recipeo molta vergonia da li Greci: Ma pertanto me delibero (libero, tiro fuori) de la vattalia. Et Eneas racordao como gìo con Pari in Grecia pro Elena; ma pertanto se deliberao de la vattalia. E fo deliberato tutto lo consilio de la vattalia. Antimacus clamao molti soi fideli de lo populo su ne lo palazo ad esso, e feceli iurare de occidere Antenor et Eneas. E dicea Antilocus (leggi Antimacus, ndr), se quelli forsero morti, non poteranno pèrdire. E disseli che tutti vennissero armati allo palazo. E l'altra die li fece clamare a cena, e quelli non ze vennero. Et a quella cena li devea occidere. Et in quella die Polidamas mannao Entalegon et Epidamus et lolans ad Antenorem. E dissero ad Antenorem: Che pò essere che Priamus con tutti li Troiani staco (stanno) così reclusi in Troia, et esso e noi nanti vole lassare perire che fazza pace co li Greci ? Alli quali Antenor respuse e disse: lo aio trovata via como a mi et a voi pò fare prode. E feceli iurà pro essere securo d'essi. E disse tutto lo fatto a loro, e lo fatto a tutti placche (lat. placuit=piacque). E mannaro Polidamas ad Agamenonem e disseli le paravole de Antenore e de li compangi de tradireli (consegnargli) Troia. Et Agamenon lo disse infra lo consilio suo tutte le paravole d' Antenore de lo tradimento che li devea fare. E disse allo consilio: Place a voi che alli traditori se li osservi fede? Ulises e Nestor disse de sì; Pirrus, filio de Acille, disse de no. Polidamas disse a Priamo (leggi: Agamennone, come nel testo latino, ndr): Manna Simonem (il Sinone virgiliano, ndr) ad Eneas et ad Anchises et ad Antenor a sapere tutto lo fatto. E non vengate (venite) a Troia, ca Antimacus non hao date li clavi alli guardiani de le porte. Et Anchisas et Eneas et Antenor confirmaro lo patto con Simon. Et Agamenon lo pone nanti a tutti li soi, se li place de confirmare lo patto co li traditori. E tutto lo consilio lo iuraro. E ne la midate de la notte Antenor, Anchisas et Eneas e tutti l’altri iuraro insemmori de dare Troia alli Greci ; et a tutti li Troiani lo suo sia franco. E dissero a Simon che dicesse ad Agamenon che benga alla porta con tutto lo suo essercitu: la quale porta avea nome Scea et èrave scolpita una testa de cavallo, et era data in guardia a Polidamas: Et apererao quella porta, donne entraraco (entreranno). E poi fo confermato lo patto con Pirrus, filio de Acille. Et fecerolli lo farao (faro, fiaccola, segnale) de lo foco. Et Antenor menao Pirrus allo palazo de Priamo, e Priamus fugìo ne lo templo de dio lovis: e Pirrus lo occise nanti lo templo de dio lovis. Eccuba e Polissena fugero: et accommannao (scil. Ecuba, ndr.) Polissena ad Eneas. Et Eneas la fece nasconere allo patre Anchisas. Casandra et Andromaca se nascusero ne lo templo de dea Minerva. E li Greci tutta notte arsero e vastaro Troia. Venuta la die, Agamenon fece tutta la robba partire infra li Greci. E disse alli soi se li place de asservare lo patto co li traditori. E tutti respusero e dissero: Place. Antenor pregao Agamenon che li lasasse poco dicere infra li Greci. In prima rengraziao tutti li Greci e disse ca Elenus e Casandra sempre diceano allo patre Priamus che facesse pace co li Greci e rennesse Elena. E renneo lo corpo de Acille: E tutte queste cose sao (sa) Elena. Et Elena pregao li Greci pro Eccuba e Casandra, che molto l’amaro. Et Agamenon fece lo consilio e deo libertate ad Elenum e Casandra e feceli rennere onne cosa. Et in quelli dii venne gran tempestate in Troia. Calcas fo uno sapio omo: disse alli Greci che facessero sacrificio alli dii de lo inferno. Pirrus li racordao Polissena, pro la quale fo occiso lo patre, che no'sse trovava. Agamenon commannao ad Antenor che trovasse Polissena. Antenor la trovao appo Eneas e menaola nanti alli Greci. Pirrus sopre la sepoltura de Acille decollao Polissena. Agamenon comrnannao incontenente ad Eneas che gessisse de tutta la tenuta de Troia. Eneas se'nne partìo e lassao la terra ad Antenor. Regnao lo rege Priamo, quanno Dola iudex regnao in Israel infra la terza etate. E poi che fo destrutta Troia, Eneas con Ascanio suo filio, lo quale avea de Creusa soa molia, poi che fo occisa Polissena, co la gran multitudine de li omini e de li navi vénnesenne in Italia… |
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