Il gioco del Lotto è stato effettuato per
secoli su basi irrazionali, affidandosi a cabala, superstizione e
interpretazione dei sogni. L'atteggiamento della cultura nei confronti dei suoi
appassionati, di conseguenza, è stato sempre improntato a denigrazione,
commiserazione, moralismo; e non sembra che le cose siano cambiate di molto,
nemmeno dopo che l'introduzione del calcolo delle probabilità e della statistica
ha offerto a questo gioco, in verità per un numero ancora limitato di giocatori
e in tempi abbastanza recenti, una base matematica e razionale.
Di tale situazione è un fedele specchio il monumentale «Grande
Dizionario Della Lingua Italiana», in 21 volumi, di Salvatore Battaglia - mio
indimenticabile professore di letteratura italiana all'Università di Napoli -
edito dalla casa editrice torinese U.T.E.T. Quest'opera, insostituibile nel suo
genere, ha il grandissimo pregio di non limitarsi alle definizioni ma di offrire,
per ogni voce e per tutti i suoi significati, le più importanti testimonianze,
dalla prima apparizione in un'opera nota fino ai nostri giorni.
Consultando le voci che si riferiscono al gioco del lotto dobbiamo
però dire di aver riscontrato una omissione e una meno difficilmente
giustificabile inesattezza. Ma procediamo con ordine, riportando subito alcune
delle pregevoli testimonianze storico-letterarie offerte dal «Dizionario».
Aprendo il IX volume alla pagina 231, appendiamo che il lotto, originariamente,
era una speciale imposta, introdotta dai Fiorentini nel 1530, che veniva
riscossa abbligando i cittadini più facoltosi all'acquisto di polizze sulle
quali erano indicati come premi, che sarebbero stati vinti dai possessori delle
polizze estratte a sorte, tagli di panni, drappi e poderi incamerati dallo Stato
attraverso requisizioni e confische.
Benedetto Varchi, nella sua «Storia Fiorentina», ci informa infatti
che: «Avevano i Fiorentini, per far danari in tutti que' modi e per tutti que'
versi che sapevano e potevano, fatto un lotto d' beni de' rubelli, al quale si
metteva un ducato per polizza, e, perchè non v'intervenissero fraudi, ...eletto
commessari sopra i lotti Simone Ginori e Cristofano Rinieri».
In lotterie di tal genere la vincita, chiamata «beneficiata»,
poteva, alle volte, riservare delle sorprese. Riferisce, ad esempio, Alessandro
Tassoni, nelle sue «Lettere»: «Si sentono con tutto ciò di quando in quando
uscire delle beneficiate, come nei lotti che tocca un diamante a una vecchia,
uno scrittoio a uno scarpinello, una pezza di drappo ad un frate».
Il Lotto vero e proprio viene però introdotto per la prima volta a
Genova: «L'altra specie di Lotto è quello di Genova, usato ogni anno in
Italia sopra l'estrazione delli senatori e degli altri magistrati di quella
repubblica» (De Luca). In esso vincevano coloro i quali avevano indovinato i
numeri corrispondenti ai senatori e ai magistrati che risultavano eletti.
L'atteggiamento della cultura nei confronti di questo gioco è bene
illustrato da significative citazioni. Eccone, rapidamente, un campionario.
«Evvi un giuoco detto il lotto, / ch'è di numeri novanta, / dove
ognor più d'un merlotto / vi si attrappa e vi si spianta». (C.I. Frugoni)
«Il lotto è immorale perchè tradisce la povera gente ignorante e
spoglia le loro famiglie del necessario». (Rosmini)
«"Lotteria": nè la Crusca nè Alberti registrano questa parola di
tutta origine francese ('loterie'). A noi basta la voce `lotto', anzi ne avanza;
che meglio sarebbe non si conoscesse nè il giuoco nè il segno che lo rappresenta»
(F. Ugolini)
«Il giuoco in complesso / è un vizio bestiale, / ma il lotto in se
stesso / ha un che di morale: / ci avvezza indovini, / ... / diventi un signore
/ con pochi quattrini». (Giusti)
«Si profitta dell'ignoranza della plebe per trarre un milione
l'anno di guadagno dallo infamissimo giuoco del lotto». (Settembrini)
«Garibaldi, in quell'anno (1860), abolì in Napoli perfino la fonte
settimanale delle speranze e dei sogni della povera gente, il giuoco del lotto».
(B. Croce)
Alla voce «ambo», troviamo un'altra citazione del Giusti: «La
pappa condita / cogli ambi sognati / sostenta la vita / di mille affamati».
E apprendiamo che l'espressione toscana: «Che tu possa vincere un ambo al
lotto!»: è un'imprecazione perchè chi ha vinto un ambo seguita a giocare e si
rovina'.
Alla voce «estrazione» troviamo l'unica citazione che adombri una
qualche conoscenza del calcolo delle probabilità: «Se per avventura nel lotto
di Vinegia venissero estratti i cinque numeri 1, 2, 3, 4, 5 nel loro ordine
naturale, ognuno farebbe le maraviglie; sebbene sì fatta estrazione non è più
facile nè più difficile a comparire di qualunque altra». (Riccati)
Per il resto, gli unici metodi di previsione di cui si trova
notizia sono la cabala, di cui il «Dizionario» dà la seguente definizione: «Sistema
per scoprire i numeri che saranno estratti nel gioco del lotto; l'operazione
stessa di ricavare i numeri del lotto», e l'interpretazione dei sogni.
«'A capa 'e Pascale» ... se l'invochi con fede, la notte
t'appare e ti dà i numeri pel lotto, e anche le signore di Toledo e di Chiaia le
recano fasci di fiori». (Ojetti)
«Giocherò anch'io al lotto i numeri ricavati dai miei morti per
costringere l'attesa alla fine di ogni settimana come un solo giorno di speranza».
(Comisso)
Un qualche dubbio sull'efficacia di tali metodi di previsione è
adombrato da una ironica considerazione del Baldini: «È garantito che i sogni
che si fanno oggi non sono i sogni che si facevano una volta. Non si sa nemmeno
più come cavarne i numeri del lotto».
Ma non si va oltre questo dubbio. Se possiamo fare un appunto al «Dizionario»,
dobbiamo infatti notare che esso, nella ricerca delle testimonianze relative al
gioco del lotto, ha limitato l'indagine al solo campo storico-letterario, non
tenendo conto, sia nelle definizioni che nelle testimonianze, delle moderne
tecniche statistiche e matematiche che hanno dato una nuova fisionomia, meno
folcloristica, a questo gioco. Conseguenza di questa scelta è la mancanza, nel «Dizionario»,
della voce “ambata” , termine con il quale si indica il gioco di un solo numero,
definito anche estratto. La dimenticanza è difficile da giustificare se si pensa
all'origine quasi secolare del termine ed al suo frequente uso anche sulla
stampa non specializzata, ad esempio in occasione di forti ritardi
nell’estrazione di qualche numero, oltre che nel linguaggio comune dei giocatori.
Dobbiamo riconoscere, tuttavia, che
si tratta di un peccato veniale, di omissione. Meno facile da giustificare è
l'affermazione, contenuta nella parte espositiva delle regole del moderno gioco
del lotto in Italia, secondo la quale: «...se il giocatore indovina i numeri
usciti, riscuote poi la vincita (di ammontare proporzionato al complessivo
montepremi)»! È sfuggito, infatti, ai curatori della voce “lotto” che in
questo gioco le vincite sono pagate secondo parametri fissi, indipendentemente
dal numero dei vincitori.
Nonostante questi appunti, la trattazione della voce “lotto” sul
«Grande Dizionario della Lingua Italiana» della casa editrice U.T.E.T. illustra
bene l’atteggiamento della cultura nei confronti di questo gioco, così come
viene comunemente praticato dalla maggioranza degli appassionati, ed è ben
documentata e godibile per quanto attiene alla scelta delle testimonianze.
VITTORIO CIVITILLO