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Le varianti tarde del mito troiano

 

 

Francesco Chiappinelli

VIDDI CAMILLA E LA PENTESILEA

  (Dante, Inferno, IV 124)

 

L’articolo sugli amori di Achille (che è opportuno rileggere per evitare inutili ripetizioni) dava ampio spazio al personaggio di Pentesilea e al rapporto alquanto scabroso che secondo numerose testimonianze l’eroe avrebbe avuto con la morente regina delle Amazzoni. Ma, al di là di questo episodio, chi è veramente Pentesilea nella mitologia greca?

A parlarcene sono in tanti: dal ciclo omerico ai mitografi Igino e Apollodoro, Virgilio e il suo commentatore Servio, Properzio, Ovidio. L’eroina era presentata come figlia di Ares, dio della guerra: è quindi una semidea, come Achille che la ucciderà, e il suo valore è sottolineato da tutti con l’aggiunta, specie nei Greci che erano piuttosto misogini, che ella osò troppo nel voler superare i limiti che la natura impone alle donne e per questo sarebbe stata giustamente punita con quella morte crudele.

Qui riferiamo della tradizione tardolatina e medievale, certamente collegata alle testimonianze antiche, quelle beninteso di cui questi autori potevano disporre: ma proprio con il tramite di Servio e Darete e Ditti il ritratto dell’ affascinante eroina rimane sostanzialmente immutato sino a Dante e Boccaccio.
 
Cominciamo dal filogreco Ditti, che complessivamente si attiene più di Darete alla traccia “omerica” e virgiliana.

 
 Dictys,
Ephemerides belli Troiani, passim 

 III 15. "E non passarono molti giorni che d’improvviso si annuncia che Ettore era partito con pochi altri per andare incontro a Pentesilea, la regina delle Amazzoni che stava venendo in aiuto a Priamo non si sa se per venalità o per brana di guerra”… Achille, diversamente qui dal racconto di Omero,tende all’eroe troiano un vile agguato e lo uccide. E i Troiani temono che Pentesilea passi al nemico. IV 2… "Pentesilea…quando seppe che Ettore era stato ucciso, colpita per la sua morte, desiderava tornarsene in patria; ma alla fine aveva deciso di restare, convinta con molto oro e argento da Paride”. I due eserciti si affrontano e Pentesilea fa strage dei nemici…IV 3 " Achille raggiunge Pentesilea tra le torme di cavalieri e l’assale con l’asta ; e senza particolare difficoltà, come con una donna qualsiasi, la disarciona afferrandola per i capelli e trascinandola a terra gravemente ferita”…Le Amazzoni sbandano, e i Greci vincitori si affollano attorno alla valorosa regina morente. “Si decise che, poiché aveva osato superare la naturale condizione del suo sesso, fosse gettata ancor viva nel fiume o in pasto ai cani. Achille voleva ucciderla e seppellirla, ma ne fu subito impedito da Diomede che chiese ai circostanti cosa se ne dovesse fare; e con il consenso di tutti, trascinandola per i piedi la precipita nello Scamandro, in pena della sua estrema e disperata follia. Così la regina delle Amazzoni, distrutte ormai le truppe con le quali era venuta in soccorso di Priamo, alla fine diede ella stessa uno spettacolo degno dei suoi costumi”.

 

Il bizantino Malala, che di solito segue fedelmente Ditti, attenua l’odiosa responsabilità di Diomede facendone solo l’esecutore di una decisione unanime: gli eroi Greci non ci fanno certo una bella figura, ma se pensiamo a Medea capiamo che il loro inconscio era dominato dal timore dell’altro sesso.
 
Questa è dunque la Pentesilea di Ditti, ben diversa evidentemente da quella che abbiamo conosciuta negli amori di Achille. Invece, Darete sottolinea la sua nobiltà e il suo coraggio e non parla della sua decisione di restare a Troia grazie all’oro di Paride. Ma soprattutto racconta che ad ucciderla fu non Achille, ma suo figlio Neottolemo; e i suoi imitatori filotroiani Benoît de S.M. e Guido delle Colonne aggiungono che quando Antenore ed Enea, nell’ordire con i Greci il tradimento, posero tra le loro richieste la restituzione della salma di Pentesilea, la ottennero con grande difficoltà. E il loro ampliamento patetico ci riesce del tutto verisimile. Da rilevare anche lo stile curiale del notaio di Messina.

 

Dares, de excidio Troiae, 36

"… Neottolemo avanza, schiera i Mirmidoni. Agamennone schiera l’esercito. Da entrambe le parti si corre allo scontro. Neottolemo fa strage. Pentesilea lo affronta valorosamente in uno scontro ravvicinato; si combattè aspramente per alcuni giorni, e entrambi uccisero molti nemici. Pentesilea ferisce Neottolemo, che però la uccide e la fa a pezzi”.

 

Benoît de S.M., Roman de Troie en prose, 54

"...Moult se pena Anthenor d’avoir le cors a la reyne Pantislee; si li ostroierent a trop grant poine... Et ceus qui furent alez les cors cerchier et ardoir, si estoient ja revenuz et avoient aporté Glanchum le fil Anthenor, et Pantislee qui avoit esté treste dou flun. Lors fu Glancus molt honorablement enterrez et la reyne Pantislee fu enbasmee tres bien, car li roys Phile­menis l’en fera porter en son pais, se pés se fet".

“Molto s’impegnò Antenore per avere il corpo della regina Pentesilea: glielo concessero a malincuore. E quelli che erano andati a cercare i corpi per cremarli tornarono presto e portarono Glauco il figlio di Antenore e Pentesilea che era stata tratta dal fiume. Allora Glauco fu sepolto con tutto gli onori e la regina Pentesilea fu imbalsamataperfettamente, perché il re Pilemene l’avrebbe fatta portare nel suo paese, se si faceva la pace.”

 

Guido delle Colonne, Historia destructionis Troiae, XXIX

 "… Et nichilominus Anthenor postulauit a Grecis Penthesilee corpus sibi concedi. Quod Greci sibi cum dif­ficultate maxima et multarum precum laboribus concesserunt…Interim autem Glaucus, regis Priami filius, honorifice sepellitur, et de corpore Penthesilee fuit tunc per regem Philimenem, Troianis acceptantibus, ordinatum quod inhumatum interim remaneret donec, tractata pace, rex Philimenis deferet in regnum Amazonum corpus ipsum, ubi deberet in regno suo, tamquam corpus regine, more regio sepeliri..."

 “E nondimeno Antenore chiese ai Greci  che gli concedessero il corpo di Pentesilea. E i Greci glielo concessero con grandissima difficoltà e dietro insistenti e ripetute preghiere…e intanto Glauco figlio del re Priamo (!) viene onorevolmente sepolto e quanto al corpo di Pentesilea fu allora ordinato dal re Pilemene e accettato dai Troiani che rimanesse intanto inumato finché, trattata la pace, il re Pilemene avrebbe portato il corpo stesso nel regno delle Amazzoni dove avrebbe dovuto essere sepolto con rito regale, come corpo di una regina”

 

Dante e Boccaccio

Un tale personaggio non poteva restare ignorato dal poeta della Commedia, che conosceva naturalmente i versi di Virgilio già commentati negli amori d’Achille e lo scolio di Servio ad Aen: XI 842, nel quale il nome di Camilla era associato a quello di Pentesilea:

 “ Dicono che perciò Camilla dovette morire, perché portò le armi contro i Troiani, ai quali si sa che i suoi avi, cioè Pentesilea, avevano portato aiuto”.

 

Servio dunque aveva stabilito un vincolo di parentela tra le due eroine, per noi certo molto improbabile. Ma Dante (Inferno IV, 124) sembra accettarlo, visto che le inserisce, benché pagane, nel Limbo, l’una accanto all’altra, con Ettore, Enea, Elettra: la sua ammirazione per esse doveva essere veramente grande, e d’altronde le parole di Servio erano semmai critiche nei confronti di Camilla, non di Pentesilea.

 

 “Viddi Camilla e la Pentesilea”.

 

Dopo qualche anno, il Boccaccio faceva della regina delle Amazzoni un ritratto forse poco verisimile sul piano storico ma certamente valido sul piano poetico e sentimentale. Diamo il passo  nell’ originale latino e nel volgarizzamento di Donato Albanzani.

 

Boccaccio, De claris mulieribus, 32.

De Penthesilea regina Amazonum.

Penthesilea virgo Amazonum regina fuit, et successit Orythie et Antiopi reginis; quibus tamen procreata parentibus, non legi. Hanc aiunt, oris incliti spreto decore, et superata mollicie feminei corporis, arma induere maiorum suorum aggressam; et auream caesariem tegere galea ac latus munire faretra; et militari, non muliebri, ritu currus et equos ascendere, seque pre preteritis reginis mirabilem exhibere, viribus et disciplina, ausa est. Cui nec ingenium validum defuisse constat, cum legatur securis usum, in seculum usque suum incognitum, eius fuisse compertum. Haec, ut placet aliquibus, audita Troiani Hectoris virtute, invisum ardenter amavit, et cupidine, in successionem regni, inclite prolis ex eo suscipiendi, in tam grandem oportunitatem cum maxima suarum copia eius in auxilium adversus Graios facile provocata descendit. Nec eam clara Grecorum principum perterruit fama, quin Hectori armis et virtute cupiens quam formositate placere, sepissime certamina frequentium armatorum intraret; et non numquam hasta prosternere, quandoque obsistentes gladio aperire et persepe arcu versas in fugam turmas pellere et tot tamque grandia viriliter agere, ut ipsum spectantem aliquando Herculem (sic codices; fortasse Hectorem legendum) in admirationem sui deduceret. Tandem dum in confertissimos hostes virago hoc die preliaretur una seque ultra solitum tanto amasio dignam ostenderet, multis ex suis iam cesis, letali suscepto vulnere, miseranda medios inter Grecos a se stratos occubuit. Alii vero volunt eam, Hectore iam mortuo, applicuisse Troiam et ibidem, ut scribitur, acri in pugna cesam. Essent qui possent mirari mulieres, quantumque armatas, in viros umquam incorrere ausas, ni admirationem subtraheret +quondam+ usus in naturam vertitur alteram, quo hec et huiusmodi longe magis in armis homines facte sunt, quam sint quos sexu masculos natura fecit, et ociositas et voluptas vertit in feminas seu lepores galeatos.

 

Pantasilea fu reina delle Amazzoni, e cedette nel regno ad Antiope e Oriti; ma nondimeno chi fusse suo padre o sua madre, non l’ho letto. Dicesi che questa, spregiata sua bellezza e morbidezza del corpo, cominciò a vestirsi l’arme delle sue passate, e ardiva coprire con l’elmo i biondi capegli, cingersi lo turcasso, e a modo di cavaliere e non di femmina montar suso il carro e il cavallo, e oltre all’altre reine mostrarsi maravigliosa di potenzia e di magisterio. Alla quale non essere mancato ingegno, è manifesto; perchè si legge, che insino al suo tempo non era in oso portare la mannaia per arme. Questa, secondo che piace ad alcuni, udito la prudenza di Ettore Trojano, non avendolo veduto, lo amò ardentemente e desiderando lasciare dopo sè nel suo regno di gloriosa schiatta successori, mossa volentieri, venne in aiutorio di quello contro a’ Greci a sì grande impresa con grandissima moltitudine delle sue. E non s’intimorì per la chiara nominanza de’ principi Greci, che ella desiderando più piacere a Ettore con l’armi e con la prodezza, che con la bellezza, ella ispessissime volte non entrasse nella battaglia degli stretti combattitori, e alcuna volta abbatteva i nemici con la lancia, e colla ispada si faceva la via tra quegli che facevano resistenza, e spesse volte incalzando le schiere con l’arco, essendo una donna, faceva maravigliare Ettore che stava a vedere. E finalmente combattendo un dì questa valente donna fra gli stretti nemici, e oltre a usanza mostrandosi degna di sì grande amante, essendo già morte molte delle sue, ricevuto il colpo della morte, miserabilmente cadde in mezzo de’ Greci, che ella avea gittati per terra. Alcuni dicono, che ella arrivò a Troja dopo la morte di Ettore, e in quel luogo, secondo che scrivono, quella essere stata morta combattendo aspramente. Alcuni si potrebbono maravigliare, che femmine ardissero di correre a’ nemici e uomini, come che elleno fussero armate, se non che cessa l’ammirazione, perchè l’usanza si converte in altra natura, per la quale queste cose e simili, e molto maggiori siano fatte da quella in fatto d’arme, che da quegli, i quali la natura ha fatti maschi: l’ozio, le delicatezze gli hanno convertiti in femmine, ed in lepri che portano elmo. 

©Francesco Chiappinelli

 

L'articolo è stato pubblicato la prima volta il 25/09/2009 sul sito: www.culturaescuola.it

 

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