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  Giugno 2000  La Nostra Antologia N. 2 Pag. 21

Al ballo coi lupi

Mio nonno mi ha raccontato una storia di lupi. Quando era giovanotto, una sera lui e dei suoi amici furono invitati ad un ballo. Mio nonno e suoi amici partirono molto presto perché la casa dove dovevano andare distava circa cinque chilometri e a quei tempi non c’erano molte macchine e strade asfaltate. Per arrivare a destinazione dovevano anche attraversare un bosco.

 Mentre camminavano in questo bosco sentirono l’ululato di un branco di lupi, ma siccome non si vedeva traccia di questi animali, mio nonno e i suoi amici non si preoccuparono molto e continuarono la loro strada. Arrivati a destinazione, incominciarono a divertirsi, ballando e scherzando fino a mezzanotte.

 Finito il ballo, per tornare a casa presero un’altra strada, per evitare di incontrare i lupi.   Però, mentre camminavano, sentirono di nuovo l’ululato dei lupi, e poco dopo se li trovarono proprio davanti. Allora incominciarono a correre, scappando ognuno per una direzione diversa, fino a che uno di loro consigliò di rifugiarsi in una casa vicina, che era di sua proprietà.

 Uno degli amici, però, talmente per correre, non guardò dove metteva i piedi e così andò a finire in una pozzanghera molto profonda e non riuscì a venirne fuori. Gli altri non lo videro e corsero come razzi nella casa vicina; talmente per la paura, uno di loro si andò a infilare nel focolare e stava salendo su per il camino.

 Dopo che si furono calmati un poco, si accorsero che erano quattro, mentre quando erano partiti erano cinque. Immediatamente uno di loro si ricordò chi era il disperso, ma un altro disse che ormai se lo erano mangiato i lupi e non potevano fare niente. Però non si tirarono indietro e subito lo andarono a cercare, dopo aver preso il fucile e delle lampade a petrolio.

 Appena uscirono, il padrone di casa sparò due colpi di fucile in aria, per far scappare i lupi, se già non se ne erano andati.

 

Incominciarono a cercare l’amico e a chiamarlo e ad un tratto sentirono una vocina molto debole che diceva: “Sono qui! Sono qui!”.

 Subito riconobbero la voce e si diressero nella direzione da dove avevano sentito il richiamo. Arrivati ad un certo punto trovarono il disperso, immerso in una grossa pozzanghera, e lo tirarono fuori con un po’ di difficoltà, tutto pieno di fango e con i vestiti strappati, perché si era anche impigliato.

 Un amico gli chiese come aveva fatto a non farsi notare dai lupi e lui rispose che, una volta andato a finire nel fango, aveva cercato di uscire, però non ce l’aveva fatta e allora, poco prima che arrivassero i lupi vicino a lui, si era immerso completamente nel fango, attorcigliandosi e mettendosi in una posizione che non era per niente comoda. Così si era salvato.

 Dopo aver accompagnato a casa il malcapitato, mio nonno e i suoi amici tornarono ognuno alla propria casa, spensieratamente.

Giacomo Santagata

 

La coda

della volpe

Quando avevo nove anni mio zio mi regalò un cagnolino da caccia. Un giorno lo vidi che stava annusando per terra e lo seguii. Arrivato vicino al bosco, trovò la tana di una volpe, vi entrò e cominciò a ringhiare furiosamente.

 Io corsi subito a casa, chiamai mio padre e gli dissi di venire con me, portando il fucile. Tornati nel bosco, dissi a mio padre che io prendevo il cane e lo mantenevo, mentre lui sparava alla volpe.

 Dopo averla uccisa, portammo la volpe a casa, poi la mettemmo nella macchina e la portammo a far vedere a mio zio. Mio zio mi disse: “Hai visto che cane ti ho dato?”.

 Tornati a casa, io tagliai la coda della volpe e la misi al sole, per farla seccare. Poi l’appesi vicino alla cabina del trattore.

Giuseppe Landino

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Giornali Scolastici Online - A cura e su progetto del prof. Vittorio Civitilloinfo@giornaliscolastici.it