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  Maggio 1999 La Nostra Antologia N. 1 Pag. 3

Parte I - Narrativa

a) Le Nostre Avventure

Il mio albero

Una domenica mi venne voglia di salire sul mio albero preferito. Questo albero è una quercia che sta vicino casa mia, nel terreno di mio zio.

  Vado spesso a giocare lì con i miei cani e spesso ricordo la prima volta che ho veramente notato l’albero e, quindi, ho pensato di salirci sopra.

  Infatti, quando ero piccola mi limitavo a giocare sull’erba ai suoi piedi; solo col tempo, piano piano, ho provato a salirci. Però, da quando ci sono riuscita la prima volta, l’unica mia passione è stata quella di arrampicarmi su di esso.

  Mio padre cercava sempre di impedirmelo però, di nascosto, ci salivo sempre. Alcune volte salivo direttamente, aggrappandomi al tronco; altre volte lanciavo una corda, a cui avevo fatto dei nodi, alla distanza di circa dieci centimetri, e salivo come i militari; altre volte mi buttavo da un ramo; altre, invece, facevo Tarzan.

  Quando non mi andava più di giocare, mi mettevo a leggere dei fumetti, sdraiandomi su due rami.

  A questo albero sono legati anche alcuni  ricordi, e uno di questi è molto recente. Come dicevo all’inizio, una domenica volli salire sull’albero.

 

Era una domenica piena di sole, mio padre stava aggiustando la macchina sull’aia e mia madre stava riordinando la camera da letto. Io stavo normalmente seduta su un ramo, a leggere.

  Dopo un po’ mi stufai, scesi e mi coricai sull’erba. Mi annoiavo, allora mi venne l’idea di risalire sulla quercia e di appendermi a un ramo, a testa in giù, reggendomi con le gambe.

  Feci questa operazione tre volte, ma la terza non andò tanto bene. Mio padre, che vedeva tutto, disse: «Chiara, se cadi ti do il resto!».

  Io lo ignorai e feci un’altra prova - un po’ anche per dimostrargli che ero capace di farlo - ma fui così veloce che non mi aggrappai bene con le gambe e cominciai pian piano a scivolare giù.

  Cercavo di riportarmi su, ma non ce la facevo. Intanto era arrivato mio fratello, che rideva come un pazzo, e più gli dicevo di aiutarmi più rideva.

  Ad un tratto non ce la feci più e caddi. Per fortuna non mi feci niente, perché c’era molta erba alla base del tronco.

  Mio fratello quasi scoppiava dal ridere, facendomi venire una gran rabbia, ma prima di pensare a  lui guardai verso casa e vidi che, per fortuna, mio padre era andato a provare la macchina.

  Allora mi rivolsi a mio fratello e gli dissi: «Che scemo sei!». Avrei voluto picchiarlo, perché rideva e perché non mi aveva aiutato; ma non aggiunsi altro perché sapevo che faceva la spia.

  Da allora feci molta più attenzione alle mie spericolatissime acrobazie, anche per salvarmi da mio padre.

 Chiara Landino


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Giornali Scolastici Online - A cura e su progetto del prof. Vittorio Civitilloinfo@giornaliscolastici.it