I nonni raccontano
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Il tesoro
del BRIGANTE
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Il Brigantaggio, fenomeno conseguente all’Unificazione dell’Italia, ebbe larga diffusione sulle nostre montagne, appartenenti al Massiccio del Matese.
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Un giorno, tanti anni fa, quando mio nonno era solo un ragazzo di 13 anni, lui ed un suo amico andarono in montagna e portarono a pascolare capre e pecore. Il suo amico si chiamava Biagio ed era un anno più grande di lui. Biagio era un ragazzo alto e abbastanza robusto, con gli occhi verdi e i capelli neri come la pece. Mio nonno, invece, che si chiama Michele, al contrario di Biagio, era un ragazzo di media statura e magro come un chiodo, con gli occhi e i capelli castani.
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Erano diretti molto in alto, verso una località chiamata il “Pizzo”. Arrivati al “Pizzo”, Biagio tirò fuori un mazzo di carte e le mostrò al nonno, il quale fu molto contento di giocare con lui. Biagio e mio nonno, mentre le capre pascolavano, si sedettero su due pietre e si misero a giocare sopra un enorme masso di forma circolare.
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Dopo circa mezz’ora, mio nonno ebbe un grande spavento e, diventando pallido, sgranò gli occhi e dalle sue labbra uscì un forte urlo. Biagio non comprese subito cosa stesse succedendo e si voltò nella direzione in cui mio nonno guardava e, rimanendo anche lui a bocca aperta, vide un uomo alto come un gigante, con i capelli lunghi fino al collo e un paio di baffi molto folti. In testa portava un grosso cappello rosso con al lato una grossa piuma color della neve; un grosso mantello gli ricopriva tutto il corpo: all’esterno era di colore blu e all’interno di un colore rosso fuoco. Da sotto il mantello si vedeva la sua mano che stringeva un foglio di carta ingiallita che lasciò cadere per terra.
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Quest’uomo, anche se sembrava un conte, in realtà era un brigante. Costui chiamò mio nonno e Biagio e chiese loro se volessero aiutarlo a rimuovere la pietra su cui stavano giocando. Biagio prese un grosso ramo e, aiutato dal brigante e da mio nonno, riuscì a ribaltare la pietra. Il brigante, dopo aver scavato nel terreno, tirò fuori un borsone a forma di stivale, pieno d’oro e, dopo aver nascosto il borsone sotto il suo mantello, fuggì via. Biagio e mio nonno rimasero sbalorditi.
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Raccolsero il pezzo di carta che il brigante aveva lasciato a terra e videro che si trattava di una mappa. Dopo aver radunato capre e pecore, ritornarono a casa e raccontarono quello che era successo ai propri genitori, i quali non rimasero troppo stupiti perché episodi come quello si erano già verificati, anni prima che loro nascessero, ed erano legati al Brigantaggio, un fenomeno conseguente all’Unificazione dell’Italia, che aveva avuto larga diffusione sulle nostre montagne, appartenenti al Massiccio del Matese.
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Maria Civitillo , IIIA
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I nonni raccontano
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Una misteriosa
SIGNORA
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Questa storia me l’ha raccontata il fratello di mio nonno, zio Giuseppe Melillo. Era la prima settimana di dicembre di circa trent’anni fa e in campagna i contadini facevano la raccolta delle olive. Un pomeriggio mio zio lasciò di raccogliere le olive prima del solito perché le giornate in quel periodo erano corte e faceva buio presto e lui doveva andare a casa di un amico a restituire del denaro. Questo amico abitava un po’ lontano e per andarci bisognava camminare per un viottolo circondato da boschi e siepi |
Verso le otto e mezza mio zio salutò l’amico e si avviò per tornare a casa, facendo la stessa strada. Era già buio, il tempo non era buono, aveva piovuto e faceva freddo.
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Mentre camminava, immerso nei suoi pensieri, all’improvviso ebbe un incontro straordinario: su un muretto di pietre a secco, alla sua sinistra, c’era una signora molto alta, vestita di bianco. Era talmente alta, in piedi sul muretto, che non si riusciva a vedere bene la testa, si vedeva solo il corpo.
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Mio zio disse: «Signora, buona sera». Ma lei non rispose. Mio zio fece ancora due passi, poi, incuriosito, tornò indietro e domandò: «Signora, dove andate? Verso sopra o fate la stessa strada che faccio io?».
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Lei non rispose, fece alcuni passi sul muretto, senza che i suoi piedi facessero rumore sulle pietre, scese nel viottolo, lo attraversò e se ne andò via, verso le piante e la siepe, sempre senza il minimo rumore, come una piuma leggera portata dal vento.
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Mio zio capì che qualcosa non andava e riprese in fretta il cammino verso casa, con grande paura. Arrivato a casa mia zia lo guardò e disse: «Ma non ti senti bene? Sei pallido, hai il viso bianco come il latte!» e mio zio raccontò tutto quello che gli era successo.
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Si era talmente spaventato che stette male per due o tre giorni; non dormiva di notte e non riusciva a lavorare di giorno e non faceva altro che raccontare a tutti quello che gli era successo quella sera: un incontro con un’anima senza corpo, che oscillava nell’aria, leggera come una piuma, attraverso un bosco, senza fare il minimo rumore!
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Mio zio non dimenticherà mai quell’incontro e lo spavento che provò. Quando me lo ha raccontato aveva i brividi e la pelle d’oca.
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Enrico Melillo, IA
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