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 Pag. 12  Noi & Voi Prot@gonisti N. 11 Maggio 2006

Chi la fa l’aspetti

Castoro o Dracula?

In prima media alcuni miei amici mi chiamavano Quattro Fanali perché avevo gli occhiali. Questa cosa mi dava sui nervi, però decisi di far finta di niente e loro un giorno si stancarono e smisero di chiamarmi in quel modo. Io ne ero molto contenta, ma un ragazzo di nome Simone continuò a chiamarmi Quattro Fanali, e lo fa ancora.

 Questo ragazzo non voleva proprio smetterla, perché gli piace prendere in giro le ragazze, e io non mi sentivo difesa. Solamente un ragazzo mi difendeva. Un giorno lo dissi a mio fratello e lui prese subito provvedimenti, ma inutilmente.

  Simone mi chiama sempre Quattro Fanali, ma ormai mi sono fatta furba e gli ho messo anche io un soprannome: Castoro.

  Veramente non so se chiamarlo Castoro o Dracula.

Giovanna Fattore, IIA

 

Una storia di cinquanta anni fa

PECORELLE

smarrite

Nella frazione di Carattano, precisamente alla via Cese, vi era un gruppo di masserie, dove, tanti anni fa, abitavano umili contadini che si dedicavano al lavoro dei campi. Il loro unico svago era andare a messa, la domenica, nella chiesetta locale. Una mattina, di buon’ora, un contadino soprannominato Joe, davanti alla sua abitazione, si stava lavando, per andare a messa.

  Mentre era intento a radersi la barba, si presentarono due persone che gli dissero: «Siamo testimoni di Jehova e stiamo cercando di raggruppare le pecorelle smarrite.»

  Il contadino, che era cattolico e non aveva nessuna intenzione di cambiare religione, con ironia chiamò suo cugino Alfonso, il quale rispose: «Che vuoi?». Disse Joe: «Questi signori vengono da Genova e hanno perso le pecore. Per caso le hai viste?». Alfonso, captato il messaggio, disse di non aver visto niente.

  I testimoni di Jehova, capita l’antifona, salutarono e se ne andarono.

  Questa storia me l’ha raccontata mia madre e risale a circa cinquanta anni fa.

Luca Caiola, IIA

 

Anche i nostri genitori sono stati ragazzi

Arrivano i nostri!

Quando mio padre era piccolo e andava a scuola, non era molto bravo e, dato che non gli piaceva stare in classe, faceva cose buffe per farsi cacciare fuori.

  Ogni volta che la maestra lo cacciava fuori, lui ed altri se ne andavano al fiume, a farsi il bagno. Quasi tutti i giorni lui si faceva cacciare, per andare a

farsi una bella nuotata con i suoi amici. 

  Un giorno mia nonna andò a scuola per chiedere il permesso di portarsi a casa mio padre, perché dovevano uscire. La maestra disse che, siccome il ragazzo in classe non faceva niente di buono, lei lo aveva cacciato fuori, ma quando vide che fuori non c’era si preoccupò. Mia nonna tornò a casa e chiamò mio zio per andare a vedere dove stava mio padre.

  Mio padre, intanto, se ne stava, bello bello, giocando con l’acqua, insieme ai suoi amici, e dato che aspettava degli altri compagni, appena vide arrivare una Vesparella 50, credendo che fossero loro, subito gridò a squarciagola: «Arrivano i nostri!», ma guardando bene si accorse che la Vespa era guidata dallo zio e che seduta dietro c’era mia nonna, con una mazza in mano.

  Mia nonna e mio zio rincorsero mio padre fino a casa. Quando arrivarono, mio padre fu riempito di botte e da quel giorno non fece mai più bagni nel fiume.

Salvatore Perillo, IIA

Quando mio nonno si prese due ramanzine

L’importanza

di sapere L’INGLESE

Negli anni Trenta a Faicchio non c’era lavoro quindi mio nonno, per mantenere la famiglia, con quei pochi soldi che aveva, pagò i biglietti per emigrare in Inghilterra, assieme alla nonna. Lì trovò lavoro come idraulico in una metropolitana.

  Un giorno, mentre riparava dei tubi all’aperto, iniziò a piovere. Mio nonno era abituato all’Italia dove, quando  pioveva, si smetteva di lavorare, quindi andò dal capo e, alzando un dito al cielo, un po’ incerto disse: “Piove?!”.

  Il capo, dopo un po’, capì e disse: «Never mind», che in inglese significa “Non farci caso”. Però mio nonno, con tutto il chiasso che c’era, capì, in dialetto faicchiano: «Leva mani», cioè «Sospendi il lavoro», quindi raccolse la sua roba e se ne andò.

 Dopo un po’, a casa arrivò la chiamata del capo che ordinava a mia nonna di far tornare sul posto di lavoro il signor Focareta. Intanto mio nonno era ancora per strada, perciò mia nonna rispose: «Mio marito non è ancora a casa. Appena torna glielo dico». 

  E così mio nonno si prese prima una ramanzina da mia nonna, quando arrivò a casa, dopo ne ricevette un’altra dal capo, quando tornò al lavoro. e fu anche licenziato!

Mario Ferrucci, IIA

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Giornali Scolastici Online - A cura e su progetto del prof. Vittorio Civitilloinfo@giornaliscolastici.it