verso le dieci, con l’auto. Dopo mezz’ora siamo arrivati
in un bosco vicino Caiazzo, dove abbiamo trovato altri amici di mio zio e di mio
fratello.
Tutti avevano con loro dei cani da caccia. I cani avevano scovato già il
cinghiale, infatti abbaiavano insistentemente, per avvertire i loro padroni che
avevano trovato la preda. Il cinghiale, certamente impaurito, non era ancora
uscito dal suo nascondiglio. Allora mio fratello mi ha condotto vicino ad un
sentiero che conosceva solo lui, spiegandomi che quello era un vecchio passaggio
del cinghiale.
Dopo circa un’ora e mezza ho sentito il fruscio dei rami e ho immaginato che
dopo poco sarebbe sbucato il cinghiale. Ho cominciato ad avere un po’ paura,
anche perché era la prima volta che vedevo uno di questi animali e sapevo che se
caricano possono essere molto pericolosi. Il cinghiale finalmente è uscito,
proprio di fronte a noi.
Mio fratello non lo ha colpito subito, perché aspettava che uscisse allo
scoperto, poi gli ha sparto due colpi, nel ventre e nella spalla. Il cinghiale
ha continuato a camminare per alcuni metri, poi è morto.
Ho provato nello stesso momento due grandi emozioni. La prima è stata di
felicità, perché il cinghiale non poteva più farmi del male; la seconda di
grande tristezza, perché l’uccisione è un momento molto crudele e tragico. Mio
fratello, invece, era molto contento perché pensava alla fortuna che gli era
capitata.
Anche se io ero lì solo come spettatore, e non ho partecipato per niente
all’uccisione, quel giorno ho vissuto un’esperienza molto particolare, perché ho
assistito a una scena emozionante ma crudele.
Gabriele Landino, classe IA
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