Nel secolo XIX l’Argentina si
liberava dalla Spagna e dopo un lungo periodo di lotte interne e disordine
politico pianificava l’unità nazionale. Nel
1853 fu creata la Costituzione Nazionale, che tuttora garantisce a tutti gli
uomini argentini e del mondo che vogliano abitare in territorio argentino tutti
i diritti civili. Possono quindi realizzare il loro lavoro, esercitare la loro
professione e commercio.
Il
presidente Alberdi basò il suo piano di sviluppo economico dell’Argentina
sull’immigrazione. Cercò di attirare l’interesse degli stranieri affinché
venissero in queste terre e collaborassero con la crescita sociale e
dell’economia.
Le
statistiche dimostrarono che un importante numero di braccia generose
contribuirono con la costruzione di città e con crescita di campi deserti che
diventarono poi importanti centri agricoli.
Nel
1853 si firmò un patto tra il presidente Urquiza e una ditta addetta alla
colonizzazione, così arrivano il 24 marzo 1854 i primi stranieri al porto di
Asunción, Rosario, provincia di Santa Fe.
Tra
1863 e 1869 entrarono al paese 94.000 immigranti, numero che poi diventò
maggiore di 313.000 fino al 1874. Tra gli anni 1938 e 1948 migliaia di italiani
arrivarono in Argentina tra i quali si trovavano coloro che scappavano dal
regime fascista e quelli del post guerra.
Il
21 febbraio 1947, l’allora presidente Juan Domingo Peròn firmò a Palazzo Chigi,
Roma, un patto Italo-Argentino sull’Immigrazione con lo scopo di ristabilire le
correnti emigratorie tra l’Italia e l’Argentina,
evidenziando i legami sanguinei, di amicizia e fratellanza tra le due
nazioni e ai sensi di offrire e garantire agli emigrati infinite posibilità di
sviluppo sulla base dell’uguaglianza.
Gli
italiani arrivarono in Argentina in numerosi gruppi, lavoratori perseveranti e
resistenti sopportarono i lavori più ardui, affrontarono un futuro incerto e
grazie a loro oggi siamo quel che siamo. |