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minicronache |
Piccoli incidenti
con la
BICI |
… all’improvviso sbucarono davanti a noi dei cani. Frenai di colpo e il mio
amico Enrico mi travolse in pieno. Per fortuna ce la cavammo con qualche graffio.
Patsy Lucatino, III B
… la bicicletta sbandava, sono andato in un fosso e sono svenuto. Quando mi sono
risvegliato avevo il labbro gonfio e sono dovuto andare all’ospedale.
Marco Riccitelli, III B
… alla fine della discesa c’era una curva e delle pietruzze a terra, la bici
sbandò e andai a finire contro un muro, però fortunatamente mi feci solo delle
sbucciature vicino alla gamba. Giovanni Vignali,
III B
… correvo per una discesa, non prendevano più i freni e andai a sbattere contro
il secchio dell’immondizia. Enrico Melillo, IIIA
… affrontai una discesa ma non sapevo ancora usare il freno, quindi andai a
finire con la faccia contro un muro. A terra c’erano dei cocci di vetro e mi
tagliai vicino a una gamba. Anche vicino al braccio mi procurai tanti graffi.
Lisa Fattore, I B
… io e mio fratello stavamo correndo per una discesa. All’improvviso dalla curva
uscì un’Ape ed io, per non farmi investire, feci una sterzata azzardata e andai
a finire nelle spine e contro un muro di cemento, spellandomi il ginocchio. Mio
fratello si preoccupò ma non mi aiutò, così dovetti tornare a casa da sola, con
la bici in mano. Sabrina Barone, I B
… mio fratello aveva una bici senza freni, la presi e mi avviai per una discesa
molto ripida. Mi trovai un sasso davanti e caddi e quando tornai a casa mia
madre mi portò all’ospedale, dove mi misero due punti in bocca.
Pietro Reveglia, I B
… stavo camminando su una sola ruota e sono finito con la schiena a terra.
Giuseppe Della Minerva, I B
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Anche un mezzo che sembra un giocattolo può diventare pericoloso se non è usato
in modo corretto |
Una grave
FRATTURA |
Una sera con degli amici in bicicletta abbiamo percorso una
strada in discesa. Avevo acquistato molta velocità e mi sembrava di volare, però
il vento un po’ mi frenava la corsa, allora mi sono abbassato con il busto per
correre più veloce.
Ero il primo del gruppo ed ero quasi alla fine della
strada, ma quando ho cercato di frenare si sono spezzati i freni e sono finito a
terra; il mio viso ha sbattuto contro un muro e ho provato un dolore atroce: mi
ero fratturato la mandibola. Sono stato a lungo ricoverato in ospedale, dove ho
assunto molte medicine dal sapore sgradevole, che bruciavano molto, però io
resistevo.
Qualche ora prima
di operarmi mi hanno stordito con una medicina dal sapore di olio, che al
ricordo mi fa rabbrividire. Subito dopo mi hanno messo una mascherina dall’odore
di liquirizia, poi i dottori mi hanno detto di contare fino a dieci, ma io sono
arrivato al numero tre e mi sono addormentato.
Questa esperienza mi ha insegnato che anche un mezzo che
sembra un giocattolo può diventare pericoloso se non è usato in modo corretto.
Michele Cappella, II A
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Sembravo Valentino Rossi in pista! |
Pronti,
partenza... |
Un giorno d’estate con un amico
decidemmo di fare una corsa, il vincitore avrebbe avuto in premio un bel pezzo
di cioccolata.
“Pronti, partenza, via…”,
così ebbe inizio la corsa. Purtroppo, a causa di un incidente di percorso, non
arrivai al traguardo. Vi spiego cosa successe.
Mentre correvo ad altissima
velocità, quasi da sembrare Ventino Rossi in pista, a causa di un fosso non
visto sbandai e, dopo aver strofinato per più di due metri con la testa vicino a
un muro, mi ritrovai per terra, con la bicicletta addosso. L’impresa impossibile
per me era quella di rimettermi in piedi. Intanto ero rimasto da solo, perché il
mio sfidante era sfrecciato via, per tagliare il traguardo.
Per mia fortuna una signora
che era uscita per stendere i panni mi vide a terra insanguinato e corse in mio
aiuto, però da sola non riusciva ad alzarmi, così chiamò in soccorso due vicini
i quali mi sollevarono da terra, prendendomi chi per le braccia chi per i piedi,
e mi appoggiarono su un gradino. La signora asciugò il sangue e con cotone e
acqua ossigenata mi disinfettò la ferita, quindi mi riportarono a casa, dove
finalmente riuscirono a fermare il sangue che continuava a uscire e mi chiusero
la ferita con dei cerotti.
Circa due o tre ore dopo si
fece vivo il vincitore della gara, il mio caro amico Enrico, che era scappato
via per lo spavento al momento dell’incidente.
Da tutto questo ho capito che aveva ragione mio padre che mi ripeteva sempre lo
stesso proverbio: “Chi va piano va sano e va lontano”.
Salvatore Perillo,
III A
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