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Maggio 2004     Noi & Voi Prot@gonisti N. 9   Pag. 13 

 

Nelle contrade San Felice e Cedrangolo

Una bellissima

serata INSIEME

Noi ragazzi delle contrade San Felice e Cedrangolo, anche quest’anno ci siamo dati da fare senza risparmio di forze, per conservare la tradizione dei fuochi di San Giuseppe.

  La cosa più importante, naturalmente, era la raccolta della legna da ardere. Un bel po’ l’andammo a raccogliere nel bosco io, mio fratello Enrico e i miei amici Vincenzo e Debhora Scarano, Vincenzo e Domenico Riccio; dell’altra ce la diede un vicino di casa. Dopo averne raccolta e trasportata una buona quantità, nel pomeriggio preparammo la catasta per il fuoco, davanti al ristorante “Il Borgo Antico”, mettendo i rametti più sottili sotto e quelli più grossi sopra, in modo che potessero accendersi facilmente.

  Quando finimmo di fare la catasta pensammo che senza qualcosa da mangiare la festa non sarebbe andata tanto bene, quindi andammo a casa a cambiarci, poi scendemmo in piazza e comprammo coca-cola, chinotti, aranciate, panini, salame, mortadella, formaggio e anche qualche dolce.

  Finiti i preparativi, sembrava che il pomeriggio non passasse mai. Finalmente scese il buio e cominciò a radunarsi molta gente. A questo punto accendemmo il fuoco. Tutti eravamo contenti. Ogni tanto aggiungevamo della legna, per tenere alta la fiamma, e intanto cominciammo a mangiare e a bere le provviste preparate per l’occasione. Un mio cugino, che si chiama Giuseppe, portò un dolce molto buono, invece io portai anche delle zeppole, preparate da mamma e da zia Caterina.

  Alle 23:30 la legna era ormai finita e il fuoco si era spento. Noi eravamo stanchi di correre, ridere e scherzare, ma avevamo passato una serata bellissima ed eravamo tutti allegri e felici!

Michele Melillo

Sono molti i riti legati al fuoco

Il cerchio protettivo

Una sera il nonno mi ha raccontato di un’usanza proprio particolare. Quando lui era ragazzo, la vigilia di Natale si faceva il  fuoco utilizzando un grosso tronco come capofuoco, cosicché questo potesse durare parecchie sere.

 Anzi, era necessario farlo durare per un’intera settimana, cosicché, la sera dell’ultimo dell’anno e poi a capodanno, il tizzone residuo si potesse utilizzare per un rito molto particolare. Il tizzone, infatti, veniva portato intorno al terreno di proprietà, così da tracciare un immaginario cerchio protettivo.

  Tutto ciò diveva servire a tenere lontana la volpe dai propri terreni e, quindi, dai propri polli!

Maria Civitillo

 
 

Vorrei che

la legna

non finisse mai

Il fuoco di San Giuseppe si chiama così perché viene acceso la sera del giorno in cui si festeggia il Santo. Il fuoco di solito si ricava  dai rami tagliati  qualche settimana prima nella potatura delle piante di ulivo.

  Nella mia traversa ogni anno si accendono tre fuochi e la gara a chi lo fa più grande è molto sentita.

  Di solito i primi a dare inizio allo spettacolo siamo io e mio nonno, ma quest’anno siamo stati anticipati da mio zio, che ha tentato persino di superare per grandezza il mio fuoco. Però la gara l’ho vinta io, grazie ad una riserva di rami secchi  che avevo dietro casa.

  A vedere il fuoco, da parte della mia famiglia, siamo  rimasti solo io e mio nonno. Gli altri sono usciti da casa un momento, hanno detto che era “molto bello”  e poi sono subito rientrati, senza rimanere nemmeno un secondo a fissare la più bella tradizione del mondo. 

  Solo io vorrei che non finisse mai la legna, così il fuoco non si spegnerebbe mai, e quando la legna finisce rimango un po’ triste. Ma io, comunque, immagino che il fuoco stia sempre acceso.

Graziano Sansone

 


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Giornali Scolastici Online - A cura e su progetto del prof. Vittorio Civitilloinfo@giornaliscolastici.it