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  Maggio 1999Scrittori in ErbaN. 1   Pag. 12

Insieme ad Orlando alla ricerca di Angelica...

(segue da pag.11)

  Orlando, poi, vedendo che la rana continuava a saltellare, infuriato le lanciò tutto quello che aveva: spade, bombe nucleari, bombe a mano, ma ancora una volta la mancò.

  Ma la rana rallentò la sua lunga corsa e Orlando, che la raggiunse, le stava sferrando il suo ultimo colpo con la spada, quando ad un tratto uscì una meravigliosa fanciulla dagli occhi azzurri e dai biondi capelli lunghi. Ella, impaurita, prese di scatto la bestiola e disse: “Cosa volete fare alla mia povera rana di nome Francischiella?”.

  In quel momento vidi che  gli occhi di Orlando si illuminarono, e così anche il suo viso, ed egli disse con voce tremante e imbarazzata: “No, no, nie-nie-nte le vol-le volevamo fa-fa-fare”. “Come vi chiamate, signore?”. “Mi chiamo Orlando; e tu, come ti chiami?”. “Io mi chiamo Angelica.” Detto questo, scappò di corsa con la sua  Franceschiella.

  Noi le dicevamo di fermarsi, ma lei niente da fare, e continuava  a correre fin quando inciampò e cascò a terra proprio come un sacco di  patate.

  Orlando ed io sembravamo saette mentre correvamo a soccorrerla e ci accorgemmo che era svenuta.

 

 

All’improvviso apparve un mago dall’aspetto cattivo e con una lunga barba bianca, che con voce malvagia disse:

 “Io sono il mago Orcone e finalmente potrò saziare la mia sete di vendetta. Ella ha rifiutato di sposarmi ed ora pagherà caro questo affronto. Le manderò una maledizione: che ella non possa più svegliarsi. Ma sarò clemente e vi lascerò una possibilità di salvarla, se mi porterete la corona del re dei pazzi e i due ingredienti della medicina, della pozione che io ho qui con me, ossia: sabbia e sporco delle unghie dell’orco Zonf. Se al far del terzo giorno non avrò queste cose, la vostra cara Angelica morirà”.

  A dir la verità a me Angelica non era affatto cara e quindi non mi andava di rischiare la pelle, ma vedendo in quel momento la desolazione di Orlando, capii che gli dovevo stare vicino. Allora Orlando, asciugandosi le prime lacrime della sua vita, disse: “Su, in marcia. Il tempo perso può costare la vita ad Angelica.” Ed io: “Su, si inizia una nuova avventura”.

  Siccome non sapevamo dove si trovava il villaggio, chiedemmo informazioni ad un vecchio vagabondo e lui ci spiegò dove stava.

  Correvamo come pazzi per arrivare in tempo al villaggio dei pazzi.

  Correndo, correndo, arrivammo nei pressi del villaggio, chiamato Maxitipazza. Già avevo sentito parlare di questo posto da alcune persone che dicevano che era formato da gente pazza, veramente pazza; ma in quel momento era più importante salvare la preziosa vita di Angelica che preoccuparsi di quei pazzi, che potevano risultare anche molto pericolosi.

  Mentre Orlando portava faticosamente Angelica verso la meta, da un albero scivolò all’improvviso un cobra che le morse la gamba. Orlando in quell’istante emise un grido così forte da far scappare il serpente, poi svenne anche lui.

(segue a pag.13)


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Giornali Scolastici Online - A cura e su progetto del prof. Vittorio Civitilloinfo@giornaliscolastici.it