Orlando poi
disse: “Presto, dobbiamo decidere la data delle nostre nozze”. “Quale data?”
“Come, quale data! Quella delle nozze, cara: ci dobbiamo sposare, noi ci amiamo”.
“No, mi dispiace ma io non posso sposarti!”. “Ma che dici?”. “Scusami, ma io amo
un altro!”. “Ma non è possibile! E chi sarebbe questo cane? Lo ucciderò con le
mie stesse mani!”. “No, questo no, mi faresti soffrire e se mi ami veramente non
vorrai sicuramente che io soffra.”
Con le
lacrime agli occhi: “Ok, ok, farò come vuoi tu; ma non ti dimenticherò più!”.
“Allora addio, Orlando”. “Addio, Angelica”.
Angelica
scappò via e lasciò dietro di sè un Orlando piangente, allora gli dissi:
“E iammu mo: Orlà, nun chiagne chiù!”.
Ma lui non mi
diede retta, impugnò la sua spada e incominciò a distruggere tutto quello che
gli capitava davanti. Cercai allora di fermarlo, ma fu inutile, egli mi
scaraventò più volte lontano da lui.
E ad un tratto
dalla sua testa saltò fuori il suo cervello, che mi disse: “Sono il cervello di
Orlando, sono stanco e me ne vado a spasso nel tempo. Non lo sopporto più”.
E se ne andò e
pensai che dovevo riprenderlo se volevo che Orlando tornasse normale. Così,
sapendo che un mio amico scienziato aveva costruito la macchina del tempo, andai
da lui e me la feci prestare.
Andai
prima nel passato, poi nel futuro, affrontando mille peripezie, mentre Orlando
si scatenava. Ma del cervello di Orlando non c’era nessuna traccia e così,
sconfortato dall’insuccesso della ricerca, |