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 Maggio 1999Scrittori in ErbaN. 1   Pag. 4

Insieme ad Orlando alla ricerca di Angelica... con Escalto

(segue da pag.3)

  Ma lui diceva: “Non la lascerò mai”. Orlando allora, infuriato, gli disse: “Carogna, vile cane! Ah, chestu è?”.

  A quel punto diventò rosso, rosso, rosso e la sua bocca incominciò a bruciare, bruciare e finì col cacciare fiamme di fuoco che colpirono il cavaliere.

  Allora quel cavaliere, di nome Medoro, cadde a terra trascinandosi anche Angelica e lei: “Ti prego, lascialo stare, non l’uccidere: lui è il mio amore. Se muore lui muoio anch’io”. “Ma io ti amo”, disse Orlando.

  Allontanandoci dal luogo dove giocavano Angelica e Medoro, vidi che Orlando barcollava e ruotava gli occhi. Allora gli chiesi: “Cos’hai Orlando?”.

  “Chi è Orlando? Chi è colui? Certamente non sono io! Il mio nome è Furor!”, e me lo disse con tal forza da far crollare gli alberi sul nostro cammino.

  Allora scese da cavallo, prese la spada e tagliò tutti gli alberi in un solo colpo, per liberare la strada.

  Ora sapevo che la sua ragione era scappata via. Ma, guardando bene, vidi che essa stava ancora accanto a lui. Io allora cercavo di riprernderla, tendendole agguati di qua, di là, ma non ci riuscivo.

  D’un tratto la caduta di un albero la fece schizzare via e sentii dire: “Addio, ragazzi. Vado sulla Luna in cerca di fortuna”. Io a sentirmi dire questo, le dissi: ”Puzzi schiattà!”.

  Comunque, voglio bene ad Orlando, ed è per questo che decisi anch’io di partire per la Luna, in cerca della sua ragione.

  Avevo un Ippogrifo, per cui problemi di trasporto non ne avevo, ora dovevo solo partire; allora fischiai e in un momento

 

 

il mio splendido cavallo accorse da me.

  Esso è magico, infatti è un cavallo parlante, e mi disse: “Dove si va, padrone?”, ed io “Sula Luna, oh!”. E l’Ippogrifo spiccò il volo e attraversammo così le nuvole, il cielo e poi lo spazio, ed arrivammo sulla Luna.

  Scendemmo su quello strano satellite ricoperto da crateri enormi, che facevano terrore.

  Ora dovevamo solo trovare quella birichina di una ragione e incominciammo a cercarla.

  All’inizio l’Ippogrifo non voleva scendere nel cratere. Infatti mi disse: ”I’ l’abbasciu nun ci vengu mancu si m’ammazzi!”. Ma io: “Su, coraggio non intimorirti”. “E va bonu, ma u facciu sulu pe’ te fa sta zittu”.

  Così volammo nel buio del cratere e la nostra fortuna fu che la ragione d’Orlando brillava, perchè conteneva molta saggezza, così riuscimmo ad avvistarla e ci precipitammo giù in picchiata e di scatto la presi e così, avendo compiuto la nostra missione, ritornammo sulla Terra. Ora dovevamo solo cercare Orlando.

  A quel punto, con cautela, gli infilai attraverso la bocca la sua saggia ragione smarrita. Dopo un po’ egli aprì gli occhi e disse: “Cosa ci faccio qui?”.

  Aveva dimenticato tutto, proprio tutto e invece di ringraziarmi mi disse: “Escalto, cosa fai qui? Hai pulito la scuderia?”.

  E’ proprio vero: vai a far bene agli amici che poi te ne penti!

  Comunque, da quel giorno Orlando ritornò l’eroe di sempre e la sua ragione non scappò più via.

Rosanna Uzzo

 


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Giornali Scolastici Online - A cura e su progetto del prof. Vittorio Civitilloinfo@giornaliscolastici.it