In realtà, il posto, l’abbiamo trovato
per puro caso, accanto al pino, mentre stavamo scavando un fosso per far
scorrere via l’acqua quando piove.
Coì abbiamo trovato un nascondiglio a
forma di cupola; il terreno era ben trattenuto dalle radici che uscivano fuori,
al di sotto dello strato di terra, e l’abbiamo anche allargato, per renderlo più
spazioso.
In questo nascondiglio abbiamo portato un
tavolo e quattro sedie. Per entrare abbiamo messo uno scivolo che collega
l’esterno al nascondiglio segreto, grazie ad un tunnel sotterraneo.
Poi abbiamo fatto un collegamento di fili
elettrici e telefonici, per avere a disposizione il telefono e la luce nei
giorni in cui ci riuniamo. Non avendo nessun controllo, all’inizio facevamo
molte telefonate e ogni mese papà diceva:
”Oh! anima re u priatoriu, ma chi è chistu che telefuna sempe? E me fa paià nu
sacco re soldi?” e, naturalmente tutti
insieme facevamo finta di niente.
Ma un giorno, mentre stavamo a scuola,
qualcuno ci telefonò e papà sentì lo squillo. Cercava di capire da dove
provenisse e cadde sullo scivolo, che avevamo coperto d’erba, per tenerlo
nascosto agli estranei.
Arrivato nel nascondiglio, gli si
rizzarono i capelli in testa, per l’incredibilità del fatto. Al ritorno dalla
scuola trovammo i fili staccati e papà ci mise a lavorare nel giardino, come
rimborso dei soldi che gli avevamo fatto spendere.
Dopo due mesi, noi cercammo di
ricostruire il nascondiglio. L’impresa durò molto tempo. Ma lavorando ogni
giorno riuscimmo a rimetterlo “in vita” e, per farla pagare a nostro padre,
mettemmo non solo la luce, di nuovo, ma la bellezza di ben otto telefonini.
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